HomeArticoliIl Divorzio. A lezione di italiano da Vittorio Alfieri

Il Divorzio. A lezione di italiano da Vittorio Alfieri

Al Teatro Palladium di Roma con il progetto Spettatori Migranti per vedere Il Divorzio di Beppe Navello.

foto Lorenzo Passoni
foto Lorenzo Passoni

L’alterità della lingua italiana e i costumi eterni della mediocrità umana; gli endecasillabi di Vittorio Alfieri incorniciati nella scena di Francesco Cassone; i costumi italici del Settecento e la vestemica eccentrica dei personaggi a cura di Barbara Tomana. Al Teatro Palladium va in scena – inaugurando una collaborazione con il Teatro di RomaIl Divorzio di Vittorio Alfieri, produzione della Fondazione Teatro Piemonte con la regia di Beppe Navello. Nel quartiere Garbatella di Roma aveva infatti luogo l’ultimo atto del poeta tragico che nella sua stagione finale abbandonò gli eroi delle tragedie e mise i piedi nel fango tra personaggi meschini e volgari del suo tempo, e si dedicò alla commedia.

Operazione dalla scelta registica netta: aderendo completamente alla sua dimensione formale, Beppe Navello si avvicina alla commedia con un compagnia di giovani attori, con la volontà di consegnare a un gruppo in formazione la ricchezza custodita nella complessità della lingua. Anche noi ci avviciniamo a questo spettacolo con un gruppo di giovani spettatori, anche noi alla ricerca della composita bellezza della lingua, anche noi interessati a guardar le radici di un italiano che dal letterario cinquecentesco-fiorentino è oggi uno dei primi codici linguistici con i quali l’Europa interagisce con i migranti che arrivano in Italia.

foto Lorenzo Passoni
foto Lorenzo Passoni

Ci affacciamo sulla scena incorniciata da un arcoscenico titolato «Scena, le due case Cherdalosi e Benintendi, in Genova», con Spettatori Migranti, progetto di spettatorialità teatrale sviluppato durante questo primo anno con il Centro d’Accoglienza Straordinaria Casilina per richiedenti asilo politico, e con il Teatro di Roma. L’obiettivo è quello di proporre un percorso di educazione alla cittadinanza attiva che punti all’integrazione attraverso pratiche sociali, quali il teatro, e la pratica della lingua. Il progetto si basa infatti sull’idea che l’arte offra alla persona la possibilità di entrare in contatto con culture diverse e lontane e di mettersi in un rapporto dinamico e critico con il mondo. Un’integrazione attiva deve dunque essere mirata a comprendere il sistema linguistico e il corrispondente modo di rappresentazione del mondo, acquisendo un bagaglio di conoscenze storico-sociali e giuridico-economiche proprie del paese ospite.

Assistiamo così alla storia di un ragazzo di buona famiglia che si innamora di una ragazza di famiglia altrettanto buona ma più incline al malcostume; al fidanzamento che va a monte e alla madre che, per evitare lo scandalo, trova alla figlia un marito di comodo, molto vecchio e molto ricco, noncurante del fare libertino della futura moglie. E lo facciamo chiedendoci che cosa sia, oggi, per noi, il matrimonio, e quanto di quel malcostume appartenga a un’epoca o all’essere umano.

Seguiamo la recitazione caricaturale degli attori, che non scivola nell’eccesso, affidandoci alla prossemica, alle impennate e agli scarti ironici, per seguire il senso di una lingua che non ci appartiene, o non ci appartiene più completamente, e che non ci permette di cogliere in pieno il suo messaggio. Alfieri non si sbilancia in sottili analisi, non elabora teorie, e lo stesso fa la regia di Navello, ripercorrendo il meccanismo di disvelamento di una società che, senza nemmeno nascondersi più di tanto, mostra il proprio lato più meschino, il servilismo e l’interesse economico; a partire da un’istituzione, quella del matrimonio, che in quanto tale riflette la condizione sociale di un’epoca.

foto Lorenzo Passoni
foto Lorenzo Passoni

Quando usciamo dal teatro noi spettatori aspettiamo gli attori, parliamo con Marcella Favilla, madre-matrona di casa Cherdalosi, con Daria-Pascal Attolini, la Lucrezina che andrà in sposa al vecchio e ricco, e con Fabrizio Martorelli, Don Tramezzino il prete servitore, come pratica di comunicazione e formazione, a migliorare la relazione tra spettatori e opera, tra cittadino e cittadinanza.
Segui il link per ascoltare la traccia audio.

Luca Lòtano

Teatro Palladium, Roma – aprile 2017

IL DIVORZIO
di Vittorio Alfieri
regia Beppe Navello
con Stefano Moretti, Marcella Favilla, Daria-Pascal Attolini, Riccardo De Leo, Alessandro Meringolo, Riccardo Ripani, Diego Casalis, Giuseppe Nitti, Fabrizio Martorelli, Vincenzo Paterna, Roberto Carruba, Alberto Onofrietti
scene Francesco Fassone
costumi Barbara Tomada
musiche Germano Mazzocchetti
luci Mauro Panizza
produzione Fondazione Teatro Piemonte Europa

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Luca Lòtano
Luca Lòtano
Luca Lòtano è giornalista pubblicista e laureato in giurisprudenza con tesi sul giornalismo e sul diritto d’autore nel digitale. Si avvicina al teatro come attore e autore, concedendosi poi la costruzione di uno sguardo critico sulla scena contemporanea. Insegnante di italiano per stranieri (Università per Stranieri di Siena e di Perugia), lavora come docente di italiano L2 in centri di accoglienza per richiedenti asilo politico, all'interno dei quali sviluppa il progetto di sguardo critico e cittadinanza Spettatori Migranti/Attori Sociali; è impegnato in progetti di formazione e creazione scenica per migranti. Dal 2015 fa parte del progetto Radio Ghetto e sempre dal 2015 è redattore presso la testata online Teatro e Critica.

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