La Giunta capitolina ridefinisce lo scacchiere di parte dell’offerta culturale pubblica. Si punta a creare un polo dell’arte contemporanea, al Teatro di Roma la responsabilità di coordinamento delle attività nei teatri comunali. A rischio l’esperienza “partecipata del Teatro del Lido”.
In molti attendevano a Roma un segno di discontinuità nella gestione della cultura pubblica romana, e in effetti la fine del 2016 ha portato in giunta l’approvazione di una delibera che promette una ristrutturazione completa di alcuni nodi nevralgici. La Delibera 126 prevede infatti una serie di pratiche che punta a riassestare importanti aziende pubbliche e i loro compiti rispetto alla città.
L’obiettivo, per l’Assessorato alla Cultura presieduto da Luca Bergamo (anche Vice Sindaco) è quello di razionalizzare la spesa e di puntare all’efficienza: vengono rimodulati i rapporti con Zètema Progetto Cultura S.r.l; l’Azienda Speciale Palaexpo si occuperà di disegnare i contorni complessi di una geografia dedicata all’arte contemporanea, con la creazione di un “Polo Espositivo dell’arte e della cultura contemporanea” che inglobi le due sedi del Macro, ed «eventualmente» (questo l’avverbio ipotetico usato nella delibera) l’Ara Pacis; alla Fondazione Musica per Roma invece spetterà la responsabilità della Casa del Jazz (che ora fa capo a Palaexpo).
Non poteva mancare un ripensamento del sistema di gestione degli ex-teatri di cintura, ovvero di quegli spazi prima gestiti dal Teatro di Roma, poi mandati a bando attraverso la creazione del sistema Casa dei Teatri e della Drammaturgia Contemporanea (a opera dell’assessore Dino Gasperini con la Giunta Alemanno) e successivamente ricomposti in una struttura più leggera e avvicinati nella nomenclatura agli spazi museali comunali con il nome di Teatri in Comune. Con l’uscita di scena di Ignazio Marino questi teatri sono rimasti chiusi, causa una serie di ritardi burocratici, fino alla scorso autunno, quando i vincitori dei bandi hanno avuto modo di rientrare nelle strutture e riaprirle alla cittadinanza.
Mentre il Teatro del Lido di Ostia e il Silvano Toti Globe Theatre sono regolati da rapporti diversi con il Comune, le associazioni che hanno in gestione il Teatro Tor Bella Monaca, Teatro Biblioteca Quarticciolo e Scuderie Villino Corsini, e che spesso rappresentano alcuni tra i pochissimi poli culturali nei territori di riferimento, sono responsabili fino alla fine di giugno 2017. È dunque logico che Virginia Raggi e il suo staff abbiano finalmente pensato al futuro di questi spazi. Ma la delibera non fa altro che delegare al Teatro Nazionale diretto da Antonio Calbi la responsabilità di emanare i bandi e di occuparsi della programmazione del Teatro di Villa Torlonia.
Si legge nel documento: «In tale contesto di ridefinizione strategica degli assetti investiti dal rilancio della tematica del contemporaneo risulterà coinvolta l’Associazione Teatro di Roma, chiamata ad assicurare il coordinamento e la valorizzazione delle attività svolte negli spazi teatrali gestiti dall’Amministrazione e, pertanto, è intendimento dell’Amministrazione affidare all’Associazione Teatro di Roma il compito di promuovere, attraverso specifici bandi, l’autonoma programmazione e gestione dei teatri: Ex Scuderie di Villino Corsini, Silvano Toti Globe Theatre, Teatro Biblioteca Quarticciolo, Teatro di Tor Bella Monaca, Teatro del Lido, nonché di provvedere alla valorizzazione del teatro di Villa Torlonia».
In questo caso si tratta perciò più che altro di un parziale ritorno alle origini, che però va a complicare la situazione già complessa del Teatro di Roma; a dirla tutta, per i gestori di teatri come il Quarticciolo, il Tor Bella Monaca o il Villino Corsini cambia poco finché non saranno pubblicati i bandi, che a quanto pare dovranno essere preparati dal Teatro Nazionale. Ma è proprio nella scrittura di quei regolamenti che si giocherà la partita. Per la ridefinizione dei compiti e delle funzioni assegnate ai teatri come per il polo del contemporaneo la Giunta Capitolina dovrà approvare un provvedimento entro il 1° Aprile. Ci saranno i tempi necessari per le gare di assegnazione o il destino delle strutture è quello di rimanere chiuse, di nuovo, per altri sei mesi?
Uno dei problemi più vistosi che emerge dalla delibera è rappresentato proprio dal futuro del Teatro del Lido. In questi anni la struttura di Ostia è riuscita a sperimentare interessanti forme di teatro partecipato mantenendo anche una propria autonomia rispetto alle dinamiche della Casa dei Teatri prima e dei Teatri in Comune poi. Al Teatro del Lido la gestione, invece che essere misurata attraverso bandi, è sottoposta alla partecipazione di una serie di associazioni del territorio tramite sessioni di lavoro collettive. In questi giorni l’associazione promotrice è comprensibilmente in stato di agitazione e ha diramato un comunicato stampa nel quale afferma: «Fino ad oggi la natura pubblica del Teatro del Lido ha significato servizi d’eccellenza a costi ridotti: dalla formazione avanzata alla qualità di una programmazione multidisciplinare, dal lavoro ‘sociale’ sul territorio all’ospitalità delle realtà locali, dalla creazione di nuovo pubblico ai tavoli della programmazione partecipata: spazio aperto per le associazioni, le istituzioni scolastiche, i gruppi giovanili, i comitati di quartiere, le comunità di artisti e l’intera cittadinanza grazie alla gestione etica e condivisa del bene pubblico».
Furono d’altronde gli stessi cittadini a riaprire il teatro, occupandolo nel 2010 dopo quasi due anni di inattività. La storia del Teatro del Lido è la storia di quei cittadini, dell’impegno quotidiano, spesso volontaristico, della passione per un polo culturale unico. Basta dare un’occhiata alla programmazione del teatro per notare i tratti popolari, ma anche artistici dell’offerta, la trasversalità e la multidisciplinarietà.
La messa a bando decreterebbe la fine di una sperimentazione che invece potrebbe rappresentare un modello per la città. Secondo gli operatori di Ostia le ricadute sarebbero evidenti: «Riduzione drastica degli eventi gratuiti, aumento collaterale del prezzo dei biglietti, impossibilità di concedere lo spazio a costi calmierati per saggi e manifestazioni di interesse sociale, allineamento alla triste e ormai consueta politica di retribuzione delle compagnie attraverso una percentuale sull’eventuale incasso, azzeramento dei progetti di alta formazione, precarizzazione del lavoro».
Ecco, bisogna fare attenzione a quest’ultimo punto: il Teatro del Lido da sempre riconosce il lavoro degli artisti attraverso il pagamento del cachet, è un unicum, certo, ma è in quella direzione che dovrebbe guardare una gestione pubblica degli spazi culturali, altrimenti tutto, nei modi e nei comportamenti, si riduce di fatto a una privatizzazione. La sfida invece, e questa sì sarebbe una rivoluzione, è proprio nella capacità di accostare l’etica all’efficientamento.
Al netto della forma scelta da parte della giunta Cinque Stelle, che altro non sembra se non un mezzo salto indietro, stupisce proprio questo mancato appuntamento con la partecipazione, uno dei cardini propagandistici del movimento fondato da Beppe Grillo. Eppure l’occasione è lì dietro l’angolo, basterebbe spostarsi verso il litorale romano, parlare con i cittadini che frequentano il teatro, confrontarsi con quel quartiere/città che è Ostia. Un’ulteriore possibilità le associazioni del territorio la propongono con un’assemblea cittadina, indetta per il 12 febbraio alle 10,30 in teatro. È ancora presto per la tintarella, ma respirare qualche boccata di aria di mare non può che rinfrescare le idee.
Andrea Pocosgnich
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