Archivio Zeta ha portato in scena la maratona dedicata a Pilade/Pasolini in tre luoghi della città di Bologna. Recensione
«Non siamo certo inesperti di sangue, noi…» e l’opera, la vita, il viaggio di Pier Paolo Pasolini attraverso il Novecento si carica di una formula esemplificativa, definita. Sono parole del Pilade, opera in versi che appartiene alla sua produzione teatrale, ma in cui mai egli lascia il corpo poetico della propria azione letteraria: può mai un poeta smettere di essere tale, pur occupandosi di un delimitato settore delle arti? Non fu possibile all’autore che in questo 2015 torna alla memoria con la potenza del tempo: quello trascorso dal suo omicidio all’Idroscalo di Ostia, quello impedito ai contemporanei di avere un vecchio poeta al fianco delle scelte popolari, in un’epoca che di poeti ha grande indomata necessità. La stessa teorizzazione di settori per lui sperimentali, come il cinema o proprio il teatro, non può già da principio distinguersi dalla vocazione poetica di sguardo sulla realtà, la cui trasformazione sarà tale a un’estensione di limpidezza evocativa nel concreto di volti e corpi non ridotti a muta raffigurazione. Non stupisce pertanto che se nel cinema il ricorso primario avvicina le periferie urbane in cui si annida naturalmente, inconsapevole, il divino popolare, ossia il corpo pregno di spirito, nel teatro quell’estremizzazione del concetto poetico rintraccia nella tragedia greca il varco speculare di rappresentazione, cioè si cala in una rigida realtà codificata da rituali assidui in cui tuttavia il sovramondano, la coscienza spirituale, risiede come agente principale.
«Non siamo certo inesperti di sangue, noi…», con questo verso ripetuto in una formula incalzante, provocatoria, si apre il Pilade/Pasolini di Archivio Zeta, più precisamente si avvia il Pilade/Parlamento nella splendida e cadente Villa Aldini di Bologna, prima tappa di una maratona che ha chiuso le celebrazioni bolognesi per il poeta friulano, ospite della città emiliana lungo gli anni degli studi. Un mattino sereno e soleggiato su uno dei colli che ospita la villa, apre lo sguardo sulla vallata con l’entusiasmo di un’esperienza inusuale; questa prima parte di Pilade, preparato assieme agli ospiti del centro di accoglienza, non si discosta dalle tematiche più note e allarga lo spazio fino a costituire l’idea di Parlamento, in cui parole e azioni si compenetrano alimentati dalla passione politica. Questo il lamento di Pasolini, torna a noi nel nostro tempo mutilato di democrazia che allora, nella tragedia, era nascente, annichilita da un dinamismo invece ridotto lungo gli anni di stesura. Proprio oggi quella necessità tradita suona nelle parole di un dialogo esemplare, Pilade interprete di un sogno umano e Atena dispensatrice di un ordine più alto, imposto perché naturale, come tutto ciò che è di derivazione divina.
L’azione dilatata e il passo lento rendono progressive le parole di Gianluca Guidotti ed Enrica Sangiovanni, cui fa da sfondo il popolo elettivo di uomini, donne, stanziali, migranti; avrà senso il loro movimento, celato di lastre oro e argento simili a quelle distribuite nei centri di accoglienza alle porte della nostra “civiltà”, solo in virtù dell’attestazione identitaria collettiva; camminano come automi verso il centro del Parlamento, attendono l’emissario dell’eleggibile perché consigli il loro voto. Questo popolo avverte il peso dello strascico bianco di Atena sull’abito rosso, che appiana il terreno e rende compiute, rotonde, le parole per farsi «responsabile del proprio giudizio» e per organizzare la vita collettiva secondo un impianto democratico, cui Pilade sarà guida. Ecco in atto la contraddizione, la depravazione dell’ordine democratico che innesta una società già in origine dissestata, la cui libertà è subordinata alla capacità del singolo – o di un gruppo di eletti – di governare, condurre la comunità.
Al Poligono di Tiro Nazionale invece il secondo movimento, Pilade/Montagne. L’eroe parte per le montagne alla ricerca delle Eumenidi, trova compagni di viaggio e di lotta, nel posto dove 270 partigiani subirono una fucilazione seriale dopo l’8 settembre 1943 da parte di fascisti e occupanti tedeschi. Trova dunque le loro anime, non dannate ma condannate, trova l’essenza umana in un luogo ridotto alla disumanità e trova, dunque, connotati vitali in un contesto di morte, già avvenuta o promessa, visibile sui volti dipinti di verde come i personaggi di un teatro dismesso, finiti in discarica nel pasoliniano Che cosa sono le nuvole?.
Ma è così realistico, in una contemporaneità cui è impedita se non la commozione di superficie, che «la fraternità si chiamerà resistenza»? A giudicare da quanto sta avvenendo nell’Europa in guerra pare che il discorso a monito di Pasolini sia stato tradito, mal capito, e forse estremizzato al punto che i concetti di “fraternità” e di “resistenza” sia auspicabile si cambino di posto: ogni voce sulla scena all’aperto si fa eco dell’altra, il coro corpo abulico in pianta circolare e semisferica del Parlamento, che accenta verso l’ascolto dell’oratore, si sposta su una geometria lineare nel poligono delle Montagne e si blocca in una dimensione costretta, perimetrale, la cui unica scelta è la diversa distanza dallo sparo.
Solo allora il terzo movimento, il Pilade/Campo dei rivoluzionari alla Pensilina Nervi. Un blocco di cemento armato, una città in divenire di un cantiere fermo, simile a quello che piange con la scavatrice ne Le ceneri di Gramsci. Quasi dal futuro sembra arrivare questo canto dolente nel buio, un vecchio parcheggio inerte avverte la mutazione – anch’essa inerte – del mondo umano, in cui anche il testo in voce off del poeta si frammenta: siamo oltre, nel tempo scarsamente intellegibile di ciò che non ha saputo divenire, il non-più-coro popolare si fa processione dietro Atena e circonda Pilade, spossato nel mezzo e vinto. « Non ci sono né vinti né vincitori. Tutto ricomincia di nuovo», Pilade riflette il tempo passato e quello presente, muore nel punto in cui risorge, senza odio, senza vendetta, all’ombra di una città ipotetica che non è davvero edificio ma mai davvero crollo. Non certo la città ideale ma, senza dubbio, la città – paese, popolo, società – reale. Esperta, sempre più esperta, di sangue.
Simone Nebbia
Bologna, luoghi vari – Novembre 2015
PILADE/PASOLINI
drammaturgia e regia Gianluca Guidotti e Enrica Sangiovanni
partitura sonora Patrizio Barontini
con Simona Alderighi, Oumar Alpha, Marina Artese, Alimou Bah, Ibrahima Baldè, Idrissa Baldè, Vania Baroncini, Annagrazia Benassai, Rocco Bertini, Valeria Bertini, Antonella Bertini, Lorenzo Biagini, Alessandra Bianchi, Andrea Bianchi, Francesca Biondi, Anna Bolognesi, Greta Burchianti, Elisabetta Calari, Valentina Cioni, Morro Darboe, Matilde Dell’aiuto, Mariella Demichele, Salimou Diabi, Ibrahima Diallo, Alberto Fantini, Ilaria Festa, Musa Fatty, Lucia Forlivesi, Anna Gentilini, Kia Gioffreda, Yana Zoe Gioffreda, Piero Giovannini, Agnese Grilli, Sara Gugliotta, Antonia Guidotti, Elio Guidotti, Gianluca Guidotti, Ilde Illuminati, Haruna Jawo, Baman Konte, Vittorio Lega, Enzo Madonna, Gregorio Mariottini, Daniela Masini, Francesca Mengozzi, Kawsu Njie, Richard Owusu, Mara Pacini, Andrea Papa, Silvia Pasquinucci, Maria Grazia Pozzi, Alfredo Puccetti, Andrea Taddeus Punzo De Felice, Gaia Raffiotta, Beatrice Rinaldi, Enrica Sangiovanni, Alessio Santi, Giacomo Santi, Valeria Sardu, Corrado Scarnato, Mamadou Seidou, Mamadou Sissako, Claudia Soffritti, Paola Sostegno, Paola Stellato, Lucia Spada, Roberto Suprani, Elisa Tinti, Francesca Tisano, Alessandro Togoli, Claudia Torresani, Eden Tosi, Aly Traore, Nadia Trebbi, Carlo Ugolini, Beatrice Vollaro, Renate Wendt, Maria Cristina Zamboni.
musiche Carl Friedrich Abel, Johann Sebastian Bach, Andrea Falconiero, Georg Friedrich Händel, Alessandro Scarlatti, Georg Philipp Telemann
violoncelli Francesco Canfailla e Matilde Michelozzi
armonica Angelo Adamo
musiche in cuffia flauto Elisa Cozzini, viola da gamba Francesco Tomei, percussioni Luca Ciriegi
assistente Beatrice Vollaro
tecnici Luca Ciriegi, Andrea Sangiovanni
foto Franco Guardascione
grafica e video Web Logo design
ufficio stampa Agnese Doria
sponsor tecnico Silent System – Lem International
si ringraziano Luisa Costa, Cinzia De Felice, Francesca Gigliotti, Chiara Marconi, Rossella Menna, Elena Monicelli, Elena Pirazzoli, Armando Punzo, Enrico Tabellini
Nell’ambito di Più moderno di ogni moderno – Pasolini a Bologna
Progetto speciale del Comune di Bologna promosso da Comune di Bologna e Fondazione Cineteca di Bologna
Pasolini 1975/2015 Iniziative riconosciute dal Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo
in collaborazione con Scuola di Pace di Monte Sole, Carte Blanche/VolterraTeatro, Centro di Accoglienza Villa Aldini
con il contributo della Regione Toscana