Vajont. Patricia Zanco presenta l’Onorata società al Teatro Due di Roma. Recensione
No. Non bastano cinquant’anni. Ci sono ferite che restano aperte e stabilizzano lo stato di segretezza degli eventi, mai chiari sia pur evidenti, inaccessibili e polverosi ancora prima d’invecchiare. Ma no, non è il tempo. È la nettezza della verità a negarsi, affaticata dalla fuga di responsabilità, dal peso di una morte totale e definitiva, estesa dagli individui alla comunità; perché a morire, quel 9 ottobre 1963 dopo il crollo della diga del Vajont, non furono solo i duemila finiti sotto un’onda di centocinquanta milioni di metri cubi di acqua, ma fu anche il segno distintivo e silente di una società rurale cresciuta tra quelle montagne secondo ritmi arcaici e puri, là dove la vena di frattura si estese fino a farsi cardine di un cambio epocale, cui nessun risarcimento ha potuto porre rimedio. Di questa ferita, coperta da cerotti scollacciati lungo più di mezzo secolo, si fa carico senza sentimentalismo ma con dovizia di passione civile Patricia Zanco di Fatebenesorelle Teatro, regista interprete di questa Onorata società nata dalla penna di Francesco Niccolini (di cui abbiamo già apprezzato il fumetto Vajont. Storia di una diga), visto per la rassegna A Roma, a Roma! al Teatro Due.
Trema un lampadario, trema da mezzo secolo. Sul capo chino, sommesso, di un racconto finito prima di essere iniziato traballa la coscienza civile di un paese che rimuove per costituzione – minuscola, la C – e che sa scatenare solo la fumosa rivolta dell’immediato, sedata già nell’atto di esplodere, mai riuscendo a porre in indagine sé stesso di fronte alla distanza della rimozione, all’annientamento progressivo. È un po’ come quando ricresce l’erba sopra un territorio devastato, è rassicurante l’erba, fa pensare all’evoluzione, ma insieme copre e rimuove di fronte agli occhi che per rinascere dev’essere morto qualcosa. O qualcuno. Duemila, appunto. E con loro tutto il resto.
Sul palco e sotto il lampadario, che presto lascia spazio all’intermittenza delle luci d’emergenza, è il volto magnetico di Patricia Zanco che tenta il racconto, tenta la notizia, finché la musica crescente lascia il campo sonoro al rumore insinuante delle pale d’elicottero e la notizia sarà inascoltabile, irreperibile. Sullo schermo, tuttavia, in una rapidissima sequenza di pagine di giornale è la stampa, sensazionalistica verso la catastrofe, prima, verso le colpe, poi, anch’essa in un crescendo da orchestra che la stessa attrice dirige dal suo podio.
La scena resta vuota, solo una sedia e due lampadine di poca luce. Vi ruotano personaggi di varia provenienza che percorrono il corpo dell’attrice: il giornalista, il magistrato, il burocrate, il geologo, restano il tempo della loro apparizione in una vicenda mai afferrata del tutto, pongono il loro tassello in un iter giudiziario frastagliato e incompleto che ha coinvolto Enel e Sade e che Niccolini è abile a ricostruire tra una selva di nomi e numeri ora dimenticati, o solo nascosti sotto uno strato di polvere. Vi soffia sopra, Patricia Zanco, la cui voce e il cui corpo si fanno carico di ogni estetica, fa sua una storia “delle sue parti” in un modo diverso da quell’orazione civile che rese famoso Marco Paolini, meno centralizzata, forse con maggiori concessioni a una teatralizzazione in cui nascondere un qualche esorcismo, riuscendo così a nascondere i rischi di eccesso emotivo; soltanto nella seconda parte lascia che una voce più popolare, di fianco all’appassionata ricerca di Tina Merlin, si mostri per radunare ogni evento sotto un’atmosfera evocativa. Ma non ci si distragga con la forza mimetica: nomi numeri e macerie fanno di questo uno spettacolo duro. E se è vero che «una onorata società non si autodistrugge mai», sia chiaro a tutti una volta di più: nemmeno una montagna.
Simone Nebbia
Twitter @Simone_Nebbia
Teatro Due, Roma – Marzo 2015
ONORATA SOCIETÀ
Con Patricia Zanco
Drammaturgia di Francesco Niccolini
Regia di Zanco/Mattiuzzi
primo spettatore Roberto Aldorasi
consulenza storica Toni Sirena e Ass. Cult. Tina Merlin
Produzione fatebenesorelle teatro