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L’Argentina di Arias nella Napoli di Viviani

Circo Equestre Sgueglia di Raffaele Viviani. Recensione dello spettacolo di A. Arias

 

Raffaele Viviani Circo Equestre
foto Massimiliano Fotor

Alla fine, sugli applausi, chiamato sul palco del Teatro Argentina dai suoi attori per prendersi il merito di un tributo scrosciante, si mette nel mezzo della schiera e sembra davvero che lo spettacolo non sia terminato, che non ci sia stato l’abbassamento delle luci prima di riaccenderle in un abbraccio fra il palco e la platea. Questo perché Alfredo Arias, argentino naturalizzato francese, si naturalizza anche napoletano per questo Circo Equestre Sgueglia presentato a Roma, assorbe dall’autore Raffaele Viviani lo spirito che sulla nave dell’arte scenica attraversa il mare del tempo e si mette a ballare, girando in tondo a braccia alzate, ridendo in una smorfia buffonesca, come fossimo in un vero circo; sfruttando fino all’estremo spazio visibile, quando il pannello cala dall’alto il sipario e chiude la scena all’ultimo sguardo il regista è ancora lì, si contorce e si abbassa a mostrarsi nello spiraglio più sottile, assorbendo fino in fondo l’investimento rumoroso, l’offerta manifesta cui il suo pubblico non si sottrae. E così non sottrae lui dal bearsi di simile onore.

Raffaele Viviani Circo Equestre
foto Massimiliano Fotor

Durante i primi decenni del Novecento, il “varietà” acquisiva una forma più compiuta. A seguito di alcuni divieti di rappresentazione “giocosa” occorsi nel primo dopoguerra, derivati dalla disfatta italiana del 1917, dall’intrattenimento dei café chantant lo spettacolo iniziò a trasferirsi nelle sale teatrali, dapprima come apparizione di contorno, poi contaminando lo stesso teatro di prosa. A quel tempo Raffaele Viviani, attore di varietà che stava conoscendo un successo crescente, colse con grande lungimiranza l’occasione per allargare i confini del “numero” e tradurlo in una composizione drammaturgica, creando così spettacoli in cui l’arte varia dei caffè si incistava nella prosa confondendola e ravvivandola di musica e di balli, di illusionismo e magia, di elementi brillanti. Nacque allora il Circo Equestre Sgueglia, commedia che risale al 1922 e che vide la sua prima rappresentazione al Teatro Bellini di Napoli, rivoluzionando i canoni della creazione scenica come un’impostura, nel tempo divenuta tradizione.

La vicenda si dipana in un baraccone circense, due clown vivono lo squilibrio tra la scena in cui sono sovrani e la vita più magra in cui scontano il contrasto del riso. Tradimenti e violenze li inchiodano alla loro infelicità. Attorno è musica dal vivo con gli arrangiamenti di Pasquale Catalano, un narratore, Mauro Gioia, che passa cantando e delineando i raccordi della trama. Tra le famiglie del baraccone l’armonia viene meno, il circo combatte con i propri numeri contro le difficoltà, si dichiara vinto, finché all’estremità si intravede un nuovo possibile inizio. Arias compone un gruppo di attori notevole, Massimiliano Gallo e Monica Nappo, Samuele e Zenobia, ne sono gli interpreti più in vista, ma la loro verve è sostenuta da una solidità d’insieme, in cui spiccano tra gli altri Lino Musella, duro marito impenitente e Gennaro Di Biase, maliziosa pettegola en travesti. La luce ingiallita di Pasquale Mari colpisce i loro abiti colorati (intensi i costumi di Maurizio Millenotti) con un assolato velo polveroso, in esso è facile allora riconoscere l’Argentina cui Arias non riesce a fare schermo, nella miseria popolare di quella Napoli di Viviani, il regista si traduce trascinando il corpo sofferente della propria biografia.

Raffaele Viviani Circo Equestre
fofo Massimiliano Fotor

Due carovane laterali, proteggono dallo sguardo che indaga lo spazio in cui sarà circo. Siamo sul retro, nel luogo dove i circensi vivono e, anzi, scontano la vita come una condanna all’apparire in scena. Essi non vivono che nel tendone, la loro esistenza è misera, cupa, si frantuma in lapilli di angoscia e povertà. Dalla platea vediamo le loro relazioni come spiandole, maceriamo nei nostri occhi le asprezze cui li costringono gli eventi. Una commedia che cela, dunque, proprio nella giocosità leggera dello spettacolo, i caratteri della tragedia. Tale, sarà. Quella del circo equestre. Pari sono gli umili e i ricchi, pari chi vive sommerso e chi tenta di salvarsi. Il circo di Viviani si fa metafora del mondo, arte varia che dal circo nasce e al circo ritorna, di spalle i due clown riconquistano un briciolo di esistenza derelitta riappropriandosi del luogo dove si sentivano veri, per paradosso di finzione, quel paradosso che chiamiamo teatro.

Simone Nebbia
Twitter @simone_nebbia

In scena fino al 23 marzo 2014 al Teatro Argentina [cartellone 2013/2014] Roma

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CIRCO EQUESTRE SGUEGLIA
testo e musiche originali di Raffaele Viviani
regia Alfredo Arias
con Massimiliano Gallo (Samuele), Monica Nappo (Zenobia), Lino Musella (Roberto), Tonino Taiuti (Bagonghi),Gennaro Di Biase (Bettina), Giovanna Giuliani (Giannina),Carmine Borrino (Giannetto), Autilia Ranieri (Marietta), Lorena Cacciatore (Nicolina), Marco Palumbo (Don Ciccio), e con la partecipazione di Mauro Gioia (Narratore)
musicisti Giuseppe Burgarella (pianoforte),Gianni Minale (fiati),
Alberto Toccaceli (percussioni), Marco Vidino (chitarre e mandolino)
scene Sergio Tramonti
costumi Maurizio Millenotti
luci Pasquale Mari
arrangiamenti musicali Pasquale Catalano
coreografie Luigi Neri
sopratitoli Luca Delgado

Una coproduzione Teatro di Roma,
Teatro Stabile di Napoli, Fondazione Campania dei Festival – Napoli Teatro Festival Italia

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

5 COMMENTS

  1. “Due carovane laterali, proteggono per lo sguardo che indaga lo spazio in cui sarà circo”. A parte la virgola tra soggetto e verbo, che vuol dire “proteggere per lo sguardo”? E potrei continuare a lungo…..

  2. Marcello, la ringrazio come al solito dell’attenzione che mi dedica. La virgola potrebbe essere un refuso, ma non lo è. Rispetta invece un’intenzione di musicare la frase che appartiene a chi scrive, desideroso di concedersi una licenza che forse sul suo libro di grammatica non è contemplata. Me la conceda su…quanto alla richiesta del chiarimento vado a esplicitare: come può un po’ vedere dalla terza fotografia, le due carovane laterali lasciavano lo spazio nel mezzo per vedere, quasi rubare l’immagine del circo. A essere protetto dallo sguardo indagatorio che parte dalla platea è proprio quest’ultimo. Forse avrei potuto usare “proteggono DALLO sguardo”, forse sì, anzi le dico in anteprima che lo cambierò e le concedo merito di averlo notato. Poi ecco, se vuole continuare a notare e annotare altro…continui pure a lungo, continui pure…

  3. Intervengo in una polemica piccola, e che non mi appartiene, solo per far notare che chi scrive su un sito italiano e in lingua italiana dovrebbe, in primo luogo, rispettare la grammatica e la sintassi: per le licenze poetiche e per “musicare” la frase ci sono i libri, le letture pubbliche, gli spettacoli, non la pagina scritta di una recensione che è esercizio critico, rigoroso, non lo sfogo di ambizioni letterarie. Non sarebbe male, in definitiva, se chi scrive si facesse perfettamente comprendere da chi legge, senza mettersi in competizione con l’autore: ma questi, ovviamente, sono punti di vista personali. Con immutata stima. FP.

  4. Gentile Francesco, la congiunzione dopo la virgola, ricordo dalle scuole elementari, mi pare sia segnata come errore piuttosto grave. Mi dispiace perché il suo inciso “e che non mi appartiene” si situa con una certa accuratezza formale tra le due virgole. Per fortuna il respiro sopperisce là dove la grammatica spicciola e inerte ha fallito. Altrimenti il prossimo che passerà di qui dovrà commentare con la penna rossa o blu. Dico il prossimo che vorrà stabilire la normativa del buon esercizio critico. Cordialmente. SN

  5. Tra l’altro, scrivere “questi, ovviamente, sono pareri personali” è un altro errore di grammatica. Non si dovrebbe separare mai il soggetto dal verbo con una virgola. Scusate l’intromissione, ma con i saccenti sono spietato.

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