Una sera di primi di novembre, un martedì, giorno di debutto. Al Teatro Tordinona, che – dopo una stagione di transizione – sembra ora voler tornare a programmare davvero sotto la guida cross-generazionale di Dario Aggioli e Ulisse Benedetti, ci arrivo in perfetto orario, lasciando la moto proprio davanti alle porte di velluto rosso, le stesse da trecento anni. Il piccolo gruppetto all’entrata è composto dallo staff della compagnia, stasera è di scena Psicopompo Teatro. Purtroppo ci metto poco a capire il perché di quell’aria ridanciana che mi accoglie: non sono in ritardo, sono semplicemente l’unico spettatore presente.
La regola vorrebbe che lo spettacolo abbia luogo solo se in platea siede una persona in più dei componenti della compagnia. In questo caso in scena ci sono Raimondo Brandi, Luisa Merloni e Patrizia Romeo, il che non mi darebbe diritto a esigere una replica. E però la regista Manuela Cherubini mi spiega che questi sono «lavori in corso» (lo spettacolo sarà poi ospite al Teatro Argot a dicembre), che «è tutto il pomeriggio che provano», lei avrebbe bisogno di filmare una filata e così, fiero di poter pagare il mio biglietto, mi guadagno l’onore di essere l’unico spettatore in platea.
Musica Rotta non è propriamente uno spettacolo. Complice anche la mia solitudine un po’ straniante, la breve performance, che sta comodamente dentro i canonici cinquanta minuti, è un esperimento di fusione tra due testi brevi del drammaturgo e regista argentino Daniel Veronese. Psicopompo Teatro è una di quelle compagnie ormai rodate, un progetto artistico che ruota molto intorno alla comprensione viscerale dei testi, alla loro scarnificazione come presupposto a un qualsiasi tipo di messinscena. Ed è fervente – grazie anche al sostegno di Fattore K – l’attività di questo gruppo sul territorio romano e non solo. Una delle linee guida più evidenti, in questi ultimi anni, è stata la cura certosina con cui Manuela Cherubini ha dato vita a un vero e proprio progetto speleologico alla scoperta della vivace scena drammaturgica e teatrale di Buenos Aires. Uno su tutti, Rafael Spregelburd, al quale la lega ormai anche una stretta amicizia e della cui prorompente letteratura per la scena Cherubini è stata ed è ambasciatrice, realizzando traduzioni e allestimenti. Il suo Bizarra – soap teatrale in venti puntate – era stato Premio Ubu nel 2010, grazie all’operazione condotta proprio dalla regista romana negli spazi dell’Angelo Mai, titanica e in qualche modo inedita da un punto di vista della produzione e soprattutto della comunicazione. In qualche modo agli antipodi di quella sorta di espressionismo pop si colloca invece la scrittura puntiforme e sottilmente ironica di Veronese, che, grazie a questa sommessa mise en espace, libera un’espressività davvero sorprendente, merito anche di una decisa traduzione e del lavoro di tre ottimi attori.
XYZ e Luce del mattino in abito marrone sono i due titoli che si aprono all’attraversamento degli attori. Lo scopo di questi «lavori in corso» (che torneranno al Tordinona dal 12 al 16 novembre includendo altri testi di Veronese e di Federico Leòn) sembra essere quello di bucare la materia drammaturgica mettendone alla prova gli elementi attraverso un metodo quasi epistemologico. Giocando continuamente sulla distanza tra evocazione delle immagini e loro effettiva efficacia, in scena le situazioni sono sempre sul punto di accadere, mai enunciate davvero, lasciano i tre attori vagare come presenze fantasmatiche, concedendo loro quel salto oltre il lavoro stesso di interpretazione. Senza alcuna cesura, piuttosto tentando di calcolare in maniera sensibile un denominatore comune tra due testi vicini per linguaggio ma diversi nella densità, Cherubini azzarda un esperimento di rianimazione, usando il nebuloso triangolo raccontato in XYZ (in cui le battute si fondono con le didascalie) come una sorta di schizzo di paesaggio stilizzato. Non c’è stacco prima dell’ingresso in Luce del mattino, nel quale potrebbero aggirarsi gli stessi personaggi di XYZ, un drammaturgo immagina ad alta voce il proprio racconto teatrale che, sporcato dal dialogo con la moglie psicolabile, finisce in un assurdo e irresistibile paradosso. Nonostante il mezzo della lettura scenica (i copioni sono sempre alla mano) indebolisca una resa ultima cui speriamo di veder presto resa giustizia, l’equilibrio tra i tre interpreti è esemplare, magistrale la loro capacità di trattenere, di farsi figure bidimensionali adatte a un racconto che si occupa di fatto di raccontare di raccontare.
Ci sono percorsi artistici che – nonostante le difficoltà di sistema – non rinunciano al tempo della creazione: proprio quelle ore che il teatro dei numeri non è in grado (o non ha intenzione) di calcolare, di quantificare. Aprire squarci in questo processo e permettere al pubblico di sbirciare è un piccolo grande privilegio. Ed ero davvero l’unico spettatore in sala? Andiamo, Roma, su. Svegliati.
Sergio Lo Gatto
Guarda il video su e-performance.tv
MUSICA ROTTA
di Daniel Veronese
traduzione e regia Manuela Cherubini
interpreti Raimondo Brandi, Luisa Merloni, Patrizia Romeo
domanda: come è possibile che una compagnia “fervente sul territorio romano e non solo” ( come scrive Sergio Lo Gatto) sostenuta da Fattore K, vincitrice di un premio Ubu, non abbia neanche uno spettatore? Mi correggo come spettatore solo un critico ( ironico, ci sono spettacoli che hanno spettatori ma di critici neanche uno e per questo Psicopompo teatro è proprio… fortunella, almeno questi ha scritto un articolo e la serata non è andata persa)?
Perché non c’era nessuno? Nemmeno i cosidetti “addetti ai lavori”? Il Teatro Tordinona e la compagnia che hanno fatto per pubblicizzare l’evento? Ha senso lavorare in queste condizioni? Fare teatro è anche un lavoro non solo un piacere, che cosa significa tutto questo? E la compagnia nell’ accogliere l’unico spettatore, ha anche l’aria ridanciana? spero che rida per non piangere…
Insomma va bene Roma svegliati, ma forse qui la colpa non è solo dei romani o no? Forse l’argomento, molto serio perché non succede solo a questa compagnia, andrebbe sviscerato con maggiore profondità e chiarezza, perché è -a mio avviso- molto più complesso e tragico….
Cara Bea,
innanzitutto grazie di aver letto e commentato.
Quello che volevo emergesse da questo articolo è proprio la contraddizione che hai infatti rilevato: una compagnia affermata (per questo, oltre che per amore dell’informazione, ho tentato di riassumerne il posizionamento) in un teatro centrale gestito da una direzione bi-generazionale, in scena a fare un lavoro di qualità che è addirittura impegnato a mostrare il processo su un lavoro di importazione di drammaturgia estera che ancora deve realmente debuttare. Cioè, tutti i possibili angoli di pregio riempiti. Mancava il pubblico. Elemento – l’unico – davvero fondamentale.
Il mio “Svegliati, Roma” era per l’appunto rivolto a tutta Roma, assolutamente comprese le compagnie e, ancor di più, i gestori dei teatri. Purtroppo lo sappiamo bene (e chi non lo sa è bene che se ne faccia una ragione) che gran parte del motivo per cui il teatro a Roma rischia di avere platee vuote è l’offerta ipertrofica, certo, ma, dentro questa offerta, proprio l’assenza di una pianificazione strategica che riguardi la *promozione*. Mi rendo conto che la promozione è un enorme capitolo di spesa, ma di questi tempi è essenziale.
Forse bisognerebbe investire ancora di più nella promozione, che siano soldi o siano risorse. Certo, da un lato la qualità, ma dall’altro un ponte che ti conduca ad apprezzarla. Altrimenti a chi parliamo? La mia presenza lì come unico “spettatore critico” (vorrei che questo ruolo fosse anche di quegli spettatori che si ritengono “spettatori comuni”) è stata un caso, certo. E ho deciso di scriverne non certo per fare promozione (come in qualche modo, forse in maniera non voluta, ipotizzavi nel tuo commento) ma per fare critica. Allo spettacolo, certo, ma molto di più al sistema. Ho raccontato una serata che sarebbe andata a meraviglia e mi avrebbe riempito il cuore se avessi avuto modo di condividerla con altri agenti di questo stesso minaccioso temporale. E mi duole dire che troppo spesso non è così. Il più delle volte è la critica (la stessa critica attiva, al di là se giovane o no) che vedi su queste e altre pagine a essere criticata dagli spazi perché va a vedere solo i Romaeuropa di turno. Questo dimostra che non è vero. Poi al Tordinona mi è stato detto che molte altre serate con artisti meno conosciuti erano piene di pubblico e non avevano staccato nemmeno un accredito stampa. E allora il paradosso, mi ci infilo dentro anche io, sta proprio qui: come se il teatro “popolare” non avesse bisogno di critica e quello “intellettuale” non avesse bisogno di pubblico. Forse dobbiamo settare meglio gli strumenti di valutazione, ma soprattutto quelli di azione e di partecipazione. Svegliati, Roma. Appunto.
grazie mille
SLG
Cara Bea, ti parlo da direttore artistico del teatro Tordinona.
Diciamo che quello che sta succedendo con Psicopompo è particolare:
5 sere senza pubblico!
Manuela Cherubini è fallita?
La drammaturgia argentina non interessa?
Posso dirti che sicuramente il teatro Tordinona deve migliorare la comunicazione.
Ma posso dirti anche che la media spettatori è molto alta.
Abbiamo avuto ad inizio stagione già due sold-out e una doppia forzata causa troppi spettatori.
La cosa strana è che anche con uno spettacolo cancellato settimane prima, in un periodo impossibile (fine agosto), comunque si è presentata gente (7 spettatori).
Musica Rotta invece non attira pubblico. Anzi a questo punto lo scaccia.
Non uno dei più di 20 attori di Bizzarra è venuto, nemmeno le mamme e i papà.
Un fidanzato, una fidanzata.
Uno spasimante.
Nessuno.
Allora qualcosa di strano sta accadendo…
Non posso dire ciò che penso perché non ho prove, ma questa situazione danneggia il nostro teatro e da ragione ai teatri che purtroppo chiedono il minimo garantito alle compagnie…
Ah ah ah!
Mi viene solo che da ridere a leggere questa discussione.
Una PERSONA COMUNE secondo voi dovrebbe:
-trovare curiosità e interesse spontaneo, non indotto da media, in titoli come “Musica rotta”, “XYZ” e “Luce del mattino in abito marrone”.
-leggere una recensione del genere, arrivare alla fine, capire di cosa tratta l’argomento e calcolare che vale la pena andarlo a vedere.
-prendere la macchina e trovare posteggio al centro, sul lungotevere, di sera. O meglio, usufruire dei bus.
-pagare il biglietto. Sia del bus che dello spettacolo.
-passare parola, sempre che gli sia piaciuto e che ci abbia capito qualcosa.
Siete consapevoli che nessun dei non addetti ai lavori, e manco la totalità di loro, sappia cosa sia il premio Ubu?
Siete consapevoli che la maggior parte della gente ha PAURA del teatro?
Siete consapevoli che il numero di persone in Italia che possa seguirvi dietro questi “percorsi artistici” [cit. Lo Gatto] è veramente esiguo, e questo non solo per colpa della tv di Berlusconi, ma anche per colpa vostra, della vostra supponenza, delle vostre scuole, dei vostri ego e delle vostre lobby artistiche?
Siete consapevoli che quelli che si lamentano che ci sono pochi spettatori sono gli stessi che si lamentano che ci sono pochi spazi teatrali, giustificando l’occupazione di qualsiasi edificio pubblico o privato in nome della cultura e non facendo niente per promuovere e sensibilizzare davvero le persone comuni. (..E che nessuno se ne esca giustificando l’appropriamento indebito del Teatro Valle, dicendo che serve proprio a questa sensibilizzazione, perché non ci crede più nessuno e, comunque, non sarebbe né la maniera più idonea -anche perché illegale-, né quella più efficace).
La lobby di Teatro e critica è consapevole che chi visita il sito sono solo addetti ai lavori che il teatro lo fanno (anche troppo) e non lo vedono?
-..Non viene nessuno..-
-…Nessuno viene a vedere “l’assurdo e irresistibile paradosso di un dialogo di un marito con una moglie psicolabile” che ho appena creato..-
-..Nessun vuole avere il “piccolo grande privilegio di sbirciare all’interno del mio processo creativo”..-
-..Sono tutti ignoranti caproni che dormono e si svegliano solo davanti a Don Matteo..-
Sì certo, è proprio così. La nostra società fa proprio schifo e siamo un paese senza cultura.
Appunto.
“Qualcosa di strano sta accadendo…”
Roma, non è che si deve svegliare, è che, ora come ora, a lei non gliene frega niente di questo mondo.
Firmato
Un addetto ai lavori ma sempre, per il proprio bene e per il bene degli altri, non troppo.
Mi sa che a noi viene ancora di più da ridere carissimo, d’altronde è facile leggendo la collezione di banalità da te elencate.
Secondo il nostro “MARVIN” lo spettatore comune non può
In effetti lo spettatore ha trovato curiosità per titoli molto più complessi, di sale piene ne abbiamo viste e poi non mi pare che nel 2013 il titolo più o meno complesso impedisca agli spetattori di andare a teatro
Qui proprio non si capisce quale sia il problema, volevi leggere di meno? È una recensione troppo lunga? Argomenti interessanti, complimenti.
Dimenticavi lo scooter, la bicicletta… E comunque per andare a teatro bisogna spostarsi, a meno che non lo facciano in casa, quella dello spettatore in questo caso.
Capirci qualcosa… aiuto aiuto il teatro contemporaneo che paura. MA BASTA vi prego.
Chiami Teatro e Critica una lobby? Eccoti il significato di lobby Marvin, fonte Il Sabatino Coletti corriere.it
lobbys. ingl. (pl. lobbies); in it. s.f. inv. (o pl. orig.), pr. adatt.
1 Gruppo di persone legate da interessi comuni e in grado di esercitare pressioni sul potere politico per ottenere provvedimenti a proprio favore, spec. in campo economico e finanziario: la l. dei banchieri
2 Salone centrale di una banca
e dato che noi ogni giorno lottiamo per fare del lavoro culturale la nostra sopravvivenza l’appellativo di lobby non solo è ingeneroso, ma anche errato…
Cosa c’entra poi il Valle? Qualcuno ha parlato del valle? Ma tu probabilmente era qui che volevi arrivare: utilzzare un articolo su uno spettacolo per il tuo sfogo privato, ma ti do una notizia, i tuoi argomenti, bassamente populisti, sono veramente poco interessanti 😉
firmato un critico che, guarda un po’ al contrario tuo, ha il coraggio di metterci nome e cognome, Andrea Pocosgnich
abbracci
a me sfugge il motivo per cui secondo il direttore del teatro Tordinona è l’artista a doversi portare il pubblico, eventualmente come da lui suggerito la claque di fidanzati e amici…lo trovo ridicolo e offensivo.
leggo solo ora le vostre risposte. Per quanto scrive Lo Gatto sono d’accordo. Comunque non volevo fare ironia sul fatto che l’articolo abbia fatto promozione allo spettacolo, però è un dato di fatto le critiche servono anche a questo…o almeno un tempo servivano anche a questo, a guidare le scelte del pubblico… non c’è niente di male… per quel che scrive il direttore artistico del Teatro Tordinona, ascolto e lo prendo ( anche se curiosità è donna e ora vorrei sapere ciò che pensi anche se non ne hai le prove ! :-))) e ringrazio della risposta al mio commento. Grazie veramente, è bello che un articolo dia modo di dialogare. Un buon anno a tutti voi