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Orlando. Fantascienza emotiva tra Woolf e Cassiers

foto di Janssens
foto di Frieke Janssens

Una donna. O un uomo. O una donna che è stata un uomo. O un uomo che si immagina donna fin dall’inizio. O viceversa. Orlando è un essere completamente umano che evolve con una forza disperata attraversando ogni consapevolezza, dalla sessualità liquida fino alla poetica e politica vittoria sulla morte, che egli/ella finisce per considerare «dimenticata», fondendosi con i cicli naturali lungo trecento anni di storia inglese. Nell’omonimo romanzo di Virginia Woolf, pubblicato nel 1928, esiste e resiste un frontale attacco al senso comune delle cose, un processo di fantascienza emotiva che svela non solo la complessità dell’animo umano e dell’analisi necessaria a interpretarlo, ma gli strati multiformi e multicolori della «società degli uomini» al tempo in cui gli intellettuali avevano ancora un peso nella formazione della cultura.

Di Guy Cassiers, fiammingo di Anversa classe 1960, avevamo visto passare il crudele Sunken Red (Romaeuropa 2011 e Biennale Teatro 2013), adattamento dal romanzo di Jeroen Brouwers per la titanica presenza di Dirk Roofthooft, nel quale l’esperienza in un campo di prigionia segnava per sempre le relazioni umane. In questa versione di Orlando accade qualcosa di radicalmente lontano eppure legato da un filo sottile che va oltre l’uso di un apparato tecnico e performativo simile, raggiungendo un’assonanza che riguarda la modalità di indagine intima e coinvolge la presenza stessa dello spettatore. Qui Katelijne Damen, gigantesca attrice olandese, che firma anche l’adattamento, occupa il palco del Teatro Vascello per REF 2013 con una precisione di gesti e di tempi irrinunciabile per il funzionamento della macchina scenica.

foto di Janssens
foto di Frieke Janssens

Quattro telecamere fisse pendenti dal soffitto inquadrano la scena da quattro diverse angolature, disegnando sul maxischermo di fondo un ambiente che, sostanzialmente, non si stabilizza mai: le proiezioni sono create dalla sovrapposizione di tracce video e dalla transizione programmata (azionata dal vivo dalla regia) di una serie di frame scattati dalle stesse telecamere. A interagire con questo complicato marchingegno, la cui fotografia è affidata a file di proiettori a pioggia e laterali capaci di modificare di fatto profondità e volume delle immagini, è la stessa attrice, che abita lo spazio muovendosi sui quadranti in cui è diviso il pavimento, spostandoli e “sfogliandone” gli strati come un libro, creando di volta in volta gli ambienti.

È in questa dinamica scenografia dell’inconscio, in questo sfocato paesaggio della memoria che prende forma il racconto di Orlando, in questa versione fuso tra io narrante e io narrato, sul suo corpo sempre vivo prendono forma le immagini, nella sua postura ricercata, nelle inflessioni della voce, nelle espressioni del viso chiaro e nei gesti calcolati su cui a volte le telecamere fissano l’oscena prospettiva del dettaglio. L’opportunità che la complessa rete di relazioni drammaturgiche tra attrice, testo e sollecitazioni visive si ricomponga in racconto è affidata all’occhio dello spettatore, componente organica che scivola dentro il circuito narrativo grazie alla capacità di video e luci di regolare la temperatura del parlato e a un indiscusso senso del ritmo e della musicalità della lingua (un olandese arabescante e floreale che ha una mano tesa al tedesco e all’inglese, e l’altra all’afrikaans delle preghiere pagane). Un pezzo di sperimentazione in cui a disturbare sono solo alcuni momenti di eccesso calligrafico e, almeno per noi italiani, l’inciampo nel seguire un adattamento forse troppo verboso tra una lingua sconosciuta e dei sopratitoli fin troppo zelanti, che mette a rischio quel nostro compito di ricomposizione.

Sergio Lo Gatto

visto al Teatro Vascello in novembre 2013

ORLANDO
Regia Guy Cassiers
Testo Virginia Woolf
Traduzione Gerardine Franken
Adattamento Katelijne Damen
Drammaturgia Erwin Jans
Collaborazione artistica Luc De Wit con Katelijne Damen
Scene Guy Cassiers
Video Frederik Jassogne
Disegno luci Giacomo Gorini
Sound design Diederik De Cock
Costumi Katelijne Damen
Produzione Toneelhuis
Associate partner of Theatron
Foto © Frieke Janssens

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Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto
Sergio Lo Gatto è giornalista, critico teatrale e ricercatore. È stato consulente alla direzione artistica per Emilia Romagna Teatro ERT Teatro Nazionale dal 2019 al 2022. Attualmente è ricercatore presso l'Università degli Studi Link di Roma. Insegna anche all'Alma Mater Studiorum Università di Bologna, alla Sapienza Università di Roma e al Master di Critica giornalistica dell'Accademia Nazionale d'Arte Drammatica "Silvio d'Amico" di Roma. Collabora alle attività culturali del Teatro di Roma Teatro Nazionale. Si occupa di arti performative su Teatro e Critica e collabora con La Falena. Ha fatto parte della redazione del mensile Quaderni del Teatro di Roma, ha scritto per Il Fatto Quotidiano e Pubblico Giornale, ha collaborato con Hystrio (IT), Critical Stages (Internazionale), Tanz (DE), collabora con il settimanale Left, con Plays International & Europe (UK) e Exeunt Magazine (UK). Ha collaborato nelle attività culturali e di formazione del Teatro di Roma, partecipato a diversi progetti europei di networking e mobilità sulla critica delle arti performative, è co-fondatore del progetto transnazionale di scrittura collettiva WritingShop. Ha partecipato al progetto triennale Conflict Zones promosso dall'Union des Théâtres de l'Europe, dove cura la rivista online Conflict Zones Reviews. Insieme a Debora Pietrobono, è curatore della collana LINEA per Luca Sossella Editore e ERT. Tra le pubblicazioni, ha firmato Abitare la battaglia. Critica teatrale e comunità virtuali (Bulzoni Editore, 2022); con Matteo Antonaci ha curato il volume Iperscene 3 (Editoria&Spettacolo, 2018), con Graziano Graziani La scena contemporanea a Roma (Provincia di Roma, 2013). [photo credit: Jennifer Ressel]

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