Quale che sia il tipo di arte che si osserva, il dialogo con la tradizione è uno dei capitoli più ardui nella ricerca sul contemporaneo, un ostacolo impossibile da aggirare, battaglia necessaria dalla quale dipende gran parte della forza di quella ricerca e della resistenza di quel patrimonio. Al Festival Teatro a Corte non ci eravamo mai andati di persona, limitandoci negli anni a rimirare la lista di nomi importanti e location d’eccezione, con il chiaro imbarazzo (di scelta e meraviglia) che si prova di fronte alle dimore sabaude a Torino e dintorni. Nomi importanti, si diceva, o anche solo nomi sconosciuti ai più, ché – lo si accetti o no – anche qui oggi sta la grossa lacuna di questo nostro teatro, virtuoso per le energie effettive che mette in campo, carente nel sistema che a quelle dovrebbe affiancare sufficienti risonanze internazionali, che sarebbero stimolo per artisti e pubblico.
Il nouveau cirque è una forma liquida ma radicale, possiede una tensione all’attraversamento delle epoche più forte rispetto a ogni altro linguaggio e di cui spesso gli stessi artisti in scena non sono del tutto consapevoli. La compagnia Ivan Mosjoukine raccoglie quattro giovani ed eccellenti rampolli dalle migliori scuole di circo francesi sotto il nome di un attore russo-francese degli anni Venti, evocato come icona-simbolo di quattro personalità molto diverse. Il loro esperimento, Des Nos Jours [Notes on the Circus] è sulla carta quanto di più autoreferenziale, una raccolta di ottanta brevissimi “appunti” che riguardano il circo contemporaneo come linguaggio performativo non fine a se stesso, ma usato come efficace e popolarissimo mezzo per fare drammaturgia.
Sul largo palco del Teatro Astra, tenuto sgombro per l’ingresso, via via, della più variegata attrezzeria scenica, i brevi numeri si susseguono scanditi dal tintinnare di un tabellone elettronico di quelli da fila alle Poste, uno scatto per ogni nota, una lista delle quali viene consegnata al pubblico: titoli come “nota sull’uomo più forte del mondo”, “nota sulla costituzione del simbolismo”, “nota sull’equilibrio della potenza”, “nota su un approccio semplice, o nota su ‘così è la vita, passerà'”, si affiancano ad altre che prendono di mira le varie figure del circo. Incastrando funambolismo, equilibrismo, giocoleria, acrobatica, danza, clownerie e persino lancio dei coltelli dentro un ritmo forsennato, Mosjoukine (stiamo al gioco) ha saputo dirigere i suoi straordinari corpi dentro un viaggio performativo che, poggiando piedi ben saldi sull’atteggiamento ironico e divertito, riporta la drammaturgia alla sua etimologia di “lavoro sull’azione”. L’impianto concettuale, che sembra tirare in ballo, come vizio contemporaneo di fondo, l’ossessione per l’autorappresentazione e l’ansia di prestazione nell’isteria quotidiana, trova il modo per non rinunciare a un ragionamento diretto sul linguaggio, usando la stessa tradizione circense (con l’arma dell’eccellenza e della prodezza) per dissacrarne tutti i topos, dal rischio fisico all’esposizione del corpo. Allora se una clava cade nel mezzo del numero, compare subito un cartello con scritto “succede”, addirittura le tirate mimiche del clown vengono smontate e rimontate donando ai loro eccessi precisi intenti di critica del costume e non viene risparmiato neppure lo stesso “teatro contemporaneo” fieramente anti-narrativo, quello per noi tanto conosciuto e sacro e per loro funzionale a fare a meno dell’ennesimo codice per tornare a parlare del presente. Dei “nostri giorni”, come da titolo. Una bella lezione di libertà che ha conquistato l’attenzione con i mezzi di una performance popolare, sottile, divertente e divertita.
Molto più paludato e serioso è parso Lähtö, l’esperimento del finlandese Kalle Nio, saltato dal trampolino dell’illusionismo e della nouvelle magie verso un cupo ma un po’ noioso esperimento sulla visione a scatola magica che poco si è preso cura del pubblico montando su un buon inizio più onirico e affascinante un percorso davvero demodé di trattazione della drammaturgia di luci e suoni, laddove ben altre lezioni hanno dato nomi come gruppo nanou, Santasangre, Muta Imago o Città si Ebla. E qui il rapporto con la tradizione prende posto con intenzioni poco didattiche e risultati molto didascalici.
Questo pericolo lo evita felicemente, forse esagerando addirittura per agio e dimistichezza, la sottile operazione di Colin Dunne, originario di Birgmingham che dall’età di dieci anni è in assoluto l’imperatore delle danze irlandesi. Il suo Out of Time è per certi versi simile nelle intenzioni al lavoro di Mosjoukine, cui però viene aggiunto un tassello ulteriore nella riflessione sulla prodezza performativa.
Danza con microfoni infilati nei pantaloni, Dunne, e abbiamo di fronte la meraviglia dell’impossibile, in passi che inseguono violini e chitarre e che sono in grado (è proprio lui a spiegarcelo) di eseguire fino a trentasette “tap” al secondo. Sul palco, oltre a lui, solo due tappetini che regolano il volume dei passi, due pedane di legno bianche su cui ogni tanto si proiettano filmati di repertorio sui campionati di Irish dance (compresa la performance che a dieci anni valse a Dunne il titolo mondiale) e l’audio che incastra musiche, spezzoni di intervista e di lezioni di ballo e si consegna poi alla voce live di Dunne, che nel microfono spiega i trucchi di quella sua magia. Un artista che potrebbe sopravvivere (e di certo lo fa) semplicemente danzando i passi del folklore ha deciso di scomporre quella tradizione di fronte a uno sguardo contemporaneo e di mettere in piedi una sorta di nuda epistemologia della performance, affiancando ancora una volta all’eccellenza formale il pregio di saper ironizzare su di essa e sulla sua riproducibilità e trasmissione nel tempo.
Non è sempre scontato, soprattutto in eventi così grandi e potenzialmente dispersivi anche per la complessità dell’innesto sul territorio, vedere uno staff organizzativo così ben impiegato e una direzione artistica (Beppe Navello, già alla guida della Fondazione Teatro Piemonte Europa, che produce, e consulenti) costantemente presente alle performance e agli incontri come anfitrione o semplice spettatore. Diciamo sì allora a questo Teatro a Corte, non solo per il fiorente cartellone di spettacoli, ma anche per la vicina attenzione con cui l’organizzazione ha saputo prendersene cura, quantomeno nel weekend di apertura. Una qualità ricompensata con generosi flussi di pubblico molto eterogeneo. Non è anche a questo che servono i festival? Non è a questo che serve il teatro?
Sergio Lo Gatto
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De nos jours [Notes on the circus]
una performance di Ivan Mosjoukine
ideata e realizzata da Erwan Ha Kyoon Larcher, Vimala Pons, Tsirihaka Harrivel, Maroussia Diaz Verbèke
luci Ivan Mosjoukine con il supporto di Elise Lahouassa
scene Stephan Duve
costumi e attrezzeria Marion Jouffre
set-up engineers Tim Van Der Steen, Manu Debuck
amministrazione e produzione Mathilde Ochs
coproduzione La brèche – Centre Régional des arts du cirque de Basse Normandie – Cherbourg-Octeville; l’Hippodrome, Scène Nationale de Douai; Parc de La Villette (EPPGHV); Les Subsistances, Lyon; La Verreried’Alès, Pôle National des arts du Cirque Languedoc-Roussillon (PNC-LR); Cirque-Théâtred’Elbeuf, centre des arts du cirque de Haute-Normandie. Soutiens, pour les résidences : La brèche – Centre Régional des arts du cirque de Basse Normandie – Cherbourg-Octeville; La Cascade-Maison des Arts du Clown et du Cirque, Bourg-saint- Andéol; Le Monfort, Paris; L’Espace Périphérique-Parc de la Villette-Ville de Paris; Association de Regards et Mouvements, Hostellerie de Pontempeyrat; l’Hippodrome, Scène Nationale de Douai; Parc de La Villette (EPPGHV); Les Subistances, Lyon; L’Agora, PNAC de Boulazac; La Ferme du Buisson, scène nationale de Marne-la-Vallée; LE CENTQUATRE, Paris. Aides: Jeunes Talents Cirque Europe 2009-2010, opération financée avec le soutien de la Commission européenne; Ministère de la Culture et de la Communication: DGCA et DRAC Ile de France; Ville de Paris. Sous les couleurs de TSILO.COM
con il sostegno di Institut Français, Ambassade de France en Italie
Lähtö / Départ
direzione Kalle Nio
coreografiaVera Selene Tegelman, Kalle Nio
performers Kalle Nio, Vera Selene Tegelman
costumi Mila Moisio, Kaisa Rissanen
musica e sound design Samuli Kosminen
luciJee Mönkkönen
video Matias Boettge, Kalle Nio
produzione production WHS / con il sostegno di Les Migrateurs – associés pour les Arts du Cirque, Koneen Säätiö, Suomen Kulttuurirahasto, Taiteen keskustoimikunta, Alfred Kordelinin Rahasto
in collaborazione con in collaboration with TORINODANZA FESTIVAL 2013
OUT OF TIME
creato e interpretato da Colin Dunne
Direzione Sinéad Rushe
sound design Fionán de Barra
film design, editing Sean Westgate
luci Colin Grenfell
costumi Joan O’Clery
musiche originaliIan McDonnell
musiche registrate Martin Hayes, Dennis Cahill
producer Maura O’Keeffe
commissionato da glór, Irish Music Centre, Ennis County Clare con il supporto di with the support of the Arts Council / An Chomhairle Ealaíon, GREEN HIPPOl
con il sostegno di supported by Culture Ireland