Nascosto nel mezzo di un festival, tra i cotti assolati del Teatro Petrella di Longiano e l’ombra alberata attorno al Lavatoio di Santarcangelo di Romagna, il Premio Scenario ha vissuto il passaggio conclusivo della sua 14ª edizione durante Santarcangelo 2013, decretando vincitori e vinti, occasioni colte e occasioni mancate, innestando i primi semi del teatro che – tra pochi mesi e oltre – tenterà di imporre nuovi linguaggi per la ricerca e per l’impegno civile, come si legge nella didascalia proprio sotto il titolo. C’è un clima contrastato fra tutti i partecipanti, che siano parte della giuria ufficiale o della giuria ombra, o semplici appassionati e tifosi: a volte assonnato e distratto, forse di più per le sessioni mattutine a cui i pochi presenti sembrano giungere controvoglia, a volte invece elettrizzato dalla sensazione di scoperta, coinvolto dal presagio che si vedrà qualcosa di compositivamente non definito né definitivo, uno spunto che avrà forse conclusione, accenno di un’idea quasi ancora non trattata da uno stimolo di creazione.
Undici le proposte, preventivamente scelte da una giuria allargata fra i componenti dell’Associazione Scenario, che una giuria più ristretta – formata dal presidente attore e regista Arturo Cirillo, da Isabella Lagattolla del Festival delle Colline Torinesi, da Rodolfo Sacchettini condirettore del festival ospitante, con Stefano Cipiciani e Cristina Valenti responsabili del Premio – ha valutato misurandone il valore attuale e quello di prospettiva, quando cioè questi “venti minuti”, ormai cifra classica del teatro contemporaneo, proporranno la loro versione ultimata, ovverosia il debutto, quasi mai oltre l’ora di spettacolo.
La cronaca è spietata e fatta di numeri, in ogni caso e senza appello: allora va detto presto che a vincere (qui le motivazioni della giuria) è stato il duo familiare composto dai fratelli Diego e Marta Dalla Via, vicentini di Tonezza del Cimone che si presentano come «un’impresa famigliare che costruisce storie» e hanno proposto Mio figlio era come un padre per me, affresco italiano mosso dal particolare di un paese del Veneto industriale dove si produce – e risiede – la ricchezza che forse il nostro tempo non sa più permettersi né gestire; nel loro dialogo la connotazione del mistero italiano attorno all’arricchimento e il lascito tra un’epoca e l’altra, gestito con una bella caratterizzazione dei due personaggi e un’intenzione visiva di buona prospettiva. A vincere invece la sezione del Premio Scenario per Ustica dedicata all’impegno civile e promossa dall’Associazione parenti delle vittime della strage omonima è stato invece un gruppo “fintamente” romano: il Collettivo InternoEnki guidato dall’autrice-attrice-regista Terry Paternoster, con nove attori sul palco di M.E.D.E.A. Big Oil, lavoro che sembra impostato su grande ritmo scenico e che ha in animo di raccontare la Basilicata odierna rielaborando il mito di Medea assieme alla denuncia per le rovine prodotte in zona dalle compagnie petrolifere. Ma il Premio prevede segnalazione anche per altri due progetti con cui i vincitori (di 8000 e 5000 euro rispettivi) andranno a comporre la Generazione Scenario (1000 euro ciascuno): a spuntarla sono stati i ragazzi di trenofermo a-Katzelmacher, dieci attori anch’essi romani d’adozione diretti da Dario Aita e da poco laureati quasi tutti alla Scuola dello Stabile di Genova, che per gli annali saranno i nO (Dance first. Think later) e la cui trasposizione popolaresca del testo di Fassbinder si carica di un’esplosione energetica per il momento capace di deformare entro il kitsch un racconto generazionale; l’altro vincitore è un secondo progetto preventivamente “pensato” per Ustica: W (prova di resistenza) della parmense Beatrice Baruffini, formata nel teatro infanzia e ideatrice di questa trasposizione della Resistenza attraverso l’uso poetico di oggetti e il loro campo semantico. Menzione speciale, invece, senza economie, è andata al progetto Ummonte della senese Elisa Porciatti, monologo di vicende personali che attraversa il tracollo finanziario del Monte dei Paschi di Siena.
Progetti autoriali, ideazioni e regie collettive, temi urgenti e civili come la finanza e il degrado sociale (tutto sommato interconnessi), questo è quel che pare emergere dai premiati di Scenario 2013, in un’edizione per la maggior parte di buona qualità. Tra gli altri progetti finalisti tuttavia, dei quali urge segnalare almeno l’accorato L’uomo nel diluvio del romano effettivo Valerio Malorni, il disagio individuale in una comunità umana non più riconoscibile e il tema di una crisi espansa e indefinita inducono a riflettere sul senso di questo mestiere delle arti, a cosa serve e da dove raccoglie intima urgenza. Visti i temi e legando la riflessione alla schiacciante presenza (95) del Nord Italia una volta ricco su Centro (56) e Sud/Isole (26) fra le 177 candidature arrivate quest’anno, Scenario 2013 è l’occasione per individuare, capire cosa si sta realizzando nella nostra società e con quale intenzione, quali sono i linguaggi che ne pongono la problematizzazione e ribadire con viva forza al mondo attorno che proprio grazie al teatro, alla messa in discussione degli elementi appartenenti alla realtà, abbiamo gli strumenti per interpretarla. Certo non si fosse nascosti in un festival, in un festival nascosto dell’arte più nascosta…
Simone Nebbia