Lo spettacolo teatrale-multimediale del progetto internazionale Abissi / Abgründe / Abysses è l’adattamento del romanzo La stiva e l’abisso di Michele Mari, trasposizione nata dalla dissertazione di laurea della regista e drammaturga Nadja Grasselli. Il lavoro ha debuttato nella Humboldt Universität di Berlino, per poi replicare l’11 giugno presso il Caffè Letterario Bookique di Trento.
Al contrario di tanti altri adattamenti di romanzi, la performance di Abissi non opera attraverso una banale restituzione della trama del libro di Mari. Certo, ne ripercorre in estrema sintesi gli avvenimenti principali: il misterioso “assalto” a una nave in bonaccia da parte di un gruppo di pesci, che affascinano fino a intorpidire le anime dell’equipaggio raccontando loro le storie di uomini annegati; le relative riflessioni del capitano – costretto a letto da una gamba incancrenita; il suo conflitto con Menzio, il secondo ufficiale, che va in cerca di un presunto tesoro invece di collaborare alla soluzione del mistero. La performance si distingue da altri adattamenti perché ambisce a creare un’opera nuova rispetto al testo di partenza, sviluppando elementi che il romanzo tiene sullo sfondo, o addirittura aggiunge scene assenti nella versione originale. Lo spettatore percepisce il senso di isolamento in cui vive il capitano, ogni sua singola battuta di apertura è preceduta da una lunga sequenza di azioni fisiche, l’impressione è quella di un tempo dilatato, che trascorra lentamente.
L’opera inoltre risulta sempre diversa perché mette in scena, accanto alla storia del capitano e di Menzio, anche le storie degli annegati e queste mutano a ogni replica con estrema variabilità: una vicenda viene infatti declamata dal capitano, un’altra proiettata sullo schermo o raccontata a voce, un’altra ancora narrata con tatuaggi di pesci sul corpo umano, e via così tra numerose declinazioni.
Qual è l’obiettivo di questo intelligente disegno? A prima vista, si sarebbe tentati di rispondere che non c’è alcuno scopo, che si tratta semplicemente della prassi consueta di chi fa teatro. Ogni spettacolo consente, del resto, di indugiare in un gioco di variazioni non appena si consolidi una struttura drammaturgica stabile. Considerando però che tutte queste storie parlano solo dell’uomo, si può ipotizzare che la performance di Abissi affermi qualcosa di più importante. Si raccontino pure tutte le storie che si vogliono intorno a questo vivente. Le si traduca in tutte le lingue del mondo e le si diffonda in tutti i luoghi della terra. Le si reciti facendo assumere al corpo tutte le posture e modulando la voce in tutte le intonazioni. E le si scelga attingendo a tutte le tradizioni, a tutti i linguaggi e discipline. L’uomo resterà sempre un vivente incomprensibile. Perché questi non è per nulla simile a una stiva, di cui possiamo conoscere la capienza e altre proprietà provando a riempirla fino all’orlo. È piuttosto simile agli abissi del mare, impossibili a misurarsi con i mezzi che abbiamo attualmente a disposizione. Non per questo, però, dobbiamo rinunciare a indagarlo e a replicare lo spettacolo con altre storie, così come non smettiamo di salpare per mare anche sapendo che non ne toccheremo pure lontanamente il fondo. Può darsi che un giorno, narrando in croato, a braccia conserte e con voce sommessa una leggenda del ciclo epico assiro, apprenderemo in modo insperato che cosa è l’uomo. O, se non altro, nutriremo l’illusione di averne intuito confusamente qualcosa, rendendo meno penetrante l’alone di mistero che ci soffoca e ci inquieta.
Se la cancrena del capitano è una calza incrostata di alghe e conchiglie, il male che distrugge il personaggio dal profondo ha la stessa natura del mare, in cui i pesci apprendono le storie mangiando gli occhi degli annegati. E gli occhi, come si sa, sono la specchio dell’anima, ovvero l’unica parte del corpo umano che possiamo osservare assorti a lungo, senza mai riuscirne a trovare i confini.
Enrico Piergiacomi
visto nel giugno 2013 presso il Caffè Letterario Bookique di Trento
Abissi / Abgründe / Abysses
inspired by Michele Mari’s “La stiva e l’abisso”
imagined and directed by Nadja Grasselli