Cosa accade nella sospensione del tempo ordinario? Che cosa resta quando la cadenza delle occupazioni e degli appuntamenti che costellano il calendario periodico si arresta per fisiologia ciclica? Due parole compongono ogni fraseologia di risposta a simili quesiti da prima ancora che ci fosse concesso di interrogarci sulle dinamiche d’interazione con il mondo: festa e comunità. Quindi occasione di celebrazione o più semplicemente di incontro e ritrovo che rivela la sua esigenza e la sua opportunità in una dimensione in cui il senso collettivo è indispensabile per il protrarsi virale di scopi e prospettive. Se il teatro è dunque crocevia di visioni, sensibilità e percezioni che permette a un codice di trasmissione individuale di trovar raffronto col linguaggio altrui, è facile comprendere come sia impossibile sottrarlo a tale tipo di urgenza. Mentre i cartelloni annuali si esauriscono e poco rimane oltre l’inizio dei festival di un’estate che tarda a venire, l’Angelo Mai Occupato si presta e si propone da spazio di accadimento per uno degli ultimi convivi romani e attorno ai suoi Tropici congiunge i capi performativi alla fine della stagione dentro e fuori la scena.
La prima delle tre serate ha visto il luogo farsi ambiente di congregazione fra evento, semplici saluti sotto lo sguardo di un pappagallo colorato, più ampie riflessioni e dimostrazioni concrete di percorsi espressivi. Le sue arterie si sono popolate per provare a fare dell’appuntamento o della semplice presenza una possibilità di attraversamento che dia modo di tastare il polso al senso di una ricerca fatta di codici, ma pure di persone. Perché, come denuncia l’appellativo, l’intento appare quello di verificare che cosa bruci sotto i carboni degli apparati istituzionali, oltre i dettami delle logiche produttive. Fra il “campo nomadi”, il “luna park” e le due navate del prefabbricato ha preso corpo un’apertura abbastanza serrata lasciando all’osteria con il suo cibo e i suoi bicchieri modo di divenire dimensione nemmeno troppo fortuita per discussione e necessari momenti di condivisione leggera, come si deve a una ricorrenza e come abbisogna a coloro che la onorano. Oltre a questo però, si sa, una festa è fatta pure degli episodi che la contraddistinguono e nel nostro caso son stati molti, alcuni più significativi di altri.
Dopo l’inizio di Luna Paese con 3 games game, che poco aveva da dire a chi non vi prendesse parte secondo un’ovvia logica ludica, è stata la volta di Up, installazione di Christian Chironi che, sottobraccio un libro sulle Dolomiti, resta abbarbicato a un palo di Via delle Terme di Caracalla, quasi a sondare fra gli andirivieni degli osservatori la permeabilità di una supposizione concettuale che rimandi la sua interazione con l’urbano alla cima di una montagna. Ancora Dream Theory in Malaya, forma di racconto di Francesca Proia che, al di là della suggestione di contesto, escluse le nuvole commestibili di zucchero filato, lascia perplessi in merito all’effettiva qualità d’attenzione generabile. Più polpose sono apparse invece le digressioni motorie di Kinkaleri, gruppo nanou e Fabrizio Favale Le Supplici che hanno presentato rispettivamente Everyone gets lighter|All!, anticamera [EP] e Il gioco del gregge di capre. Il primo, diviso in due parti, ha visto una dimostrazione illustrativa della fonesi alfabetica applicata all’anatomia cui l’ensemble si dedica da qualche tempo, seguita dall’impiego della stessa su versi di Kerouac così da mostrare la leggibilità della parola nel gesto in un processo di resa di commistioni a matrice contemporanea. Penetrante l’estetica da affresco post-moderno, invece, che si legge nel lavoro dei nanou, dove la compressione di un cubo condensa di figure un impatto la cui efficacia è giocata tra sondaggi gravitazionali, sapienze cromatiche di contrasto ed equilibri sincopati di luci e buio. La proprietà dei movimenti, la loro abilità fluida di evolvere secondo un meccanismo che – in ripiegamenti vicendevoli – conduce dall’uno all’altro come scorressero sotto l’incidenza di forze è ciò che maggiormente rimane della performance di Favale. Hanno condotto poi sino alla conclusione, ai piedi della notte, Daniela Cattivelli e le sue incursioni sonore sui richiami per uccelli innestate a slogature melodiche di Garullus Glandarium, la Minimal Dance di Monica Gentile, Safari e Ritratti di città di ZimmerFrei, intervallati dalla straordinaria incursione dello Spiderman gusto Tropical dei Tony Clifton Circus, in cui Nicola Danesi de Luca spinge su una sedia a rotelle uno Uomo Ragno fuori forma – sotto il costume c’è Iacopo Fulgi.
Altrove è un microcosmo dove qualcosa succede, come un villaggio i cui abitanti scandiscono regole dinamiche. Che sia caustico o connaturato a un clima troppo temperato sta alla realtà che ancora si svolge stabilirlo con esattezza.
Marianna Masselli
Tropici fino al 7 giugno 2013 ad Angelo Mai Altrove Occupato [programma]