Sacrificio è l’adattamento teatrale in due atti dell’omonimo romanzo di Giacomo Sartori, andato in scena il 24 maggio al Teatro Cuminetti di Trento e realizzato secondo un progetto di slow theatre. L’espressione inglese indicherebbe, secondo i registi Elena Galvani e Jacopo Laurino, una forma di teatro che decide consapevolmente di dedicare più tempo del normale alla creazione della rete culturale e alla selezione del cast, composto soprattutto di giovani alla prima esperienza. Sacrificio ha infatti volutamente impiegato più di un anno di tempo per attecchire sul territorio, creare un nucleo di «pubblico consapevole», trovare tra gli oltre duecento iscritti iniziali al progetto gli undici ragazzi protagonisti (sette attori e quattro aiuto registi), accompagnati nel loro ingresso nel mondo dello spettacolo dagli interpreti professionisti Valeria Ciangottini e Pietro Bondi.
Nonostante tuttavia la laboriosa preparazione, i risultati non sembrano all’altezza dei nobili propositi, con ogni probabilità a causa di un adattamento non riuscito: lo spettacolo non ha cercato infatti di andare oltre il romanzo, limitandosi a mettere sulla scena il fatto saliente raccontato da Sartori, ossia l’incapacità di sette ragazzi di uscire dalla spirale di dolore/violenza in cui si trovano imprigionati e il relativo fallimento dei pochi tentativi di fuga dalla stessa, quali il matrimonio tra Katia e Diego, il rifugio di Marta nel suo allevamento di trote, ecc.. Questa eccessiva fedeltà ha di fatto bloccato l’evoluzione teatrale, impedendo uno sviluppo della materia troppo ancorata all’esercizio della parola e all’uso didascalico degli oggetti, relegati in un ambito circoscritto ai caratteri immediati. La macchina per fare il salame, i mobili e il bersaglio per il tiro a freccette non sono stati che una macchina per fare il salame, dei mobili e un bersaglio per il tiro a freccette. L’azione e il movimento hanno avuto la sola funzione di sottolineare il testo, annientando la propria autonomia creativa, ma a non convincere è anche la ricerca di colpi ad effetto (il violento sbattimento delle grate del proscenio, l’uso ossessivo del buio, lo stupro sulla scena) che non hanno avuto altro esito dal trasformare lo spettacolo in un evento televisivo. Ma proprio su quest’ultimo punto è bene articolare una riflessione: se tale risultato espressivo non è così sorprendente, è perché i processi di selezione e gli strumenti di pubblicizzazione di Sacrificio sono gli stessi impiegati nelle produzioni di X-Factor o del Grande Fratello.
Eppure qualcosa, dalla serata al Cuminetti, non è scivolato via: quando i ragazzi, dopo averli distribuiti come ostie, danno da mangiare stupefacenti alle trote di Marta collocate sotto le grate del proscenio, si è generato un momento molto intenso, in coincidenza con una delle poche azioni fisiche ben riuscite. Tale gesto ha due conseguenze poetiche di rilievo. In primo luogo, esso sembra stabiire che la condotta dei sette ragazzi non è molto diversa dalla vita delle trote di allevamento. Entrambi vivono in uno spazio chiuso e soffocante, trovando nel poco cibo gettatogli e nel sesso occasionale l’unica ragione per sopravvivere, fino a quando un tragico evento finale (l’epidemia di micosi per le une, la morte di Diego tramite intrigo di Katia per gli altri) non arriva a rendere la loro esistenza intollerabile. In secondo luogo e in contrasto con il continuo ritorno della musica sacra sulla scena, il gesto si fa carico della dolorosa assenza di Dio e di figure genitoriali forti nella vita dei ragazzi – non bisogna dimenticare che, in molte teologie, la divinità assume per gli uomini il ruolo di padre o di madre –, che gli stessi cercano invano di colmare con il surrogato della droga e della conseguente perdita di coscienza.
Queste suggestioni e la passione che i ragazzi hanno lasciato trasparire col loro lavoro sono stati i momenti di maggiore densità, permettendo così a Sacrificio di sollevarsi dall’anonimo adattamento di un buon romanzo. Portatori di buona speranza, promuovono la straordinaria forza del teatro anche negli spazi per esso più angusti, così come che anche nella vita dell’essere umano più disperato resta comunque spazio per qualche acuto lampo di vita.
Enrico Piergiacomi
SACRIFICIO
di Giacomo Sartori
Trasposizione drammaturgica di Giacomo Sartori, Elena Galvani e Jacopo Laurino
Interpreti Daniela Vaia, lavio Torresani, Barbara Facchini, Pietro Biondi, Valeria Ciangottini, Valentina Caresia, Elia Fedrizzi, Paolo Bertagnolli, Michele Fanti
Valeria Ciangottini e Pietro Biondi, interpreti degli zii, sono maestri d’eccezione e compagni di palcoscenico dei giovani attori non professionisti che interpretano i ruoli dei ragazzi di Sacrificio.
I personaggi dei sette ragazzi sono il frutto di un lungo percorso di avvicinamento allo spettacolo in cui due interpreti si sono avvicendati nella costruzione di ciascun personaggio. Un grazie particolare a Marilena Menghini, Manuel Lorenzini, Federica Tomasini, Barbara Widmann, Diego Salizzoni, Alfred Caushi, Luca Dapor. Molti loro gesti, toni e intenzioni sono rimasti nei personaggi portati in scena dai loro compagni.
Musiche originali per clarinetto solo composte da Marco Longo
Eseguite dal vivo da Lorenzo Laurino
Le canzoni del “pub” sono dei Congegno
La Canzone per Jesu è eseguida dal Coro S. Lucia di Magras
Esecutore di musica elettronica e spazializzazione Raul Masu
Fonica Massimiliano Gulinelli
Luci William Trentini
Scene e costumi Elena Galvani e Jacopo Laurino con l’amichevole partecipazione di Luisa Spinatelli.
Le scenografie sono state costruite presso il Centro servizi Culturali Santa Chiara di Trento.
Aiuto regista Federica Dallapria, Maira Forti, Maria Grazia Ruggieri, Susanna Sieff
Regia Elena Galvani e Jacopo Laurino
Articolo che elogia e critica lo spettacolo, soffermandosi in alcuni aspetti che non condivido. L’umiltà in questo spettacolo è sempre stato di casa, a partire dai registi, e che si è mostrata in tutte le fasi a porte chiuse e a porte aperte, a workshop organizzati con esperti extra programma, nelle conferenze stampa, nei casting iniziali e nei commenti pubblici finali. Non vedo quindi l’associazione con la pubblicizzazione di programmi televisivi a livello nazionale di puro fanatismo ed esibizionismo menzionati nell’articolo, sebbene contengano cenni talentuosi.
Già il lavoro drammaturgico di trasposizione dal libro al teatro lo considero farraginoso, pur conservando l’aspetto narrativo del personaggio Katia; se poi si vuol manifestare sfiducia e delusione in questo passaggio per un “adattamento non riuscito”, rientra nella normale selva di ipotesi registiche con incipit : “io farei diversamente” che prevedono di metter in scena lo stesso testo in 1000 modi diversi.
Come tutti gli oggetti portati in scena, c’è chi si limita ad osservare la mera funzionalità dello stesso oggetto e chi invece vede delle metafore o comunque codifica l’immagine presentata a più livelli, e questo articolo lo dimostra.
Non ho ben capito se ci si è fermati solo alla lettura di qualche articolo di giornale e alla visione della prima di SACRIFICIO oppure se si è raccolto ulteriore materiale, però ritengo che un progetto complesso come questo meriti di avere un approccio ulteriormente conoscitivo, preferibilmente in modalità “slow”: la stessa usata dai registi.