HomeVISIONIRecensioniIl Forte Fanfulla chiude in bellezza le sue Parabole fra i Sanpietrini

Il Forte Fanfulla chiude in bellezza le sue Parabole fra i Sanpietrini

Orapronobis
Orapronobis – Foto di ufficio stampa

Il teatro del Forte Fanfulla è molto cambiato. Prima che avesse inizio la stagione d’esordio di Parabole fra i Sanpietrini, l’anno passato, c’era un cantiere in corso d’opera: pareti verde acceso che in pochi giorni avrebbero dovuto diventare nere, un deficit di tecnica e tanta confusa voglia di fare, insomma tutto quanto si può immaginare quando ci si butta in un’avventura più grande delle proprie possibilità, quando si cerca di inventare un teatro là dove un teatro palesemente non c’è. O non ancora. Ma è poi vero? Le ragazze e i ragazzi che lì dentro hanno lavorato per un obiettivo concreto e necessario nella Roma artistica di questi anni, il teatro l’hanno richiamato, evocato, proprio nel momento in cui non riuscivano a far diventare spazio teatrale quella sala nascosta e inospitale, perché proprio in tali momenti queste spinte a concretizzare di un proposito anarchico sono forse l’atto di responsabilità in cui s’innescano reale e immaginario assieme, là dove quindi si genera teatro. Ora, alla fine della seconda stagione che ha consegnato nuove proposte da molte parti d’Italia a una città rispetto a prima molto meno in grado di recepirli, pare che in vista di oggettive difficoltà di mantenimento la sala teatrale possa essere chiusa, mettendo così in dubbio una rassegna che svolgeva – e svolge – una funzione rilevante, sia pur esercitata nella piena clandestinità di un lavoro nascosto ai grandi operatori culturali.

Due spettacoli, negli ultimi tempi e prima dell’ultimo in programma nei prossimi giorni (GabbiaNo ovvero dell’amar per noia di Woody Neri 24-25 maggio), hanno destato l’attenzione di un racconto. Prima è Una brillante pecora nera – uno spettacolo inadeguato per attrici e scarpe, progetto originale di Valeria Bianchi che ha saputo concretizzarlo grazie all’incontro con Alessandra Della Guardia e Elena D’Angelo. Tre donne nell’intimità di una, in un universo fatto di scarpe smesse, usate a disperdere invece la scarpa propria, quella che non si trova mai, la sola che starà bene al proprio piede. Tre “cenerentole” senza nemmeno l’abbaglio di un principe, dunque, tre donne che affrontano la maturazione della propria condizione umana derivando dal genere soltanto alcuni caratteri, ma spingendo in un’auscultazione universale i battiti delle conseguenze trovate lungo l’esistenza quotidiana: i treni persi, le occasioni mancate e quelle rifiutate, la paura di crescere e di prendere la misura di quelle scarpe che da sempre aspettano le varie età della vita in attesa di essere “calzata”. La composizione di Valeria Bianchi e delle sue co-autrici muove per frammenti, fabbrica uno spettacolo per scene spesso separate che da un lato invitano a riflettere sulla disomogeneità dell’esperienza di crescita, dall’altro non facilitano la resa di una valente unità drammaturgica.

Una brillante pecora nera
Una brillante pecora nera – Foto di ufficio stampa

Quando è giunto invece un messaggio con oggetto «parabole a sorpresa», in pochi s’immaginavano che la sorpresa fosse vera, oltre il gioco usato per promuovere uno spettacolo tecnicamente fuori stagione. E invece di sorpresa si tratta, per questo Orapronobis della Compagnia Marino/Ferracane, già vincitori del Premio della Critica al Dante Cappelletti 2010 con Ferrovecchio, che bisogna affrettarsi a vedere perché in scena ancora per due sole serate. Questo nuovo testo del trapanese Rino Marino, psichiatra che da questa pratica relazionale trae la sua ricerca teatrale, è un monologo in dialogo con un fantoccio muto, seduto di spalle “l’eccellenza” di pezza impersona il potere ecclesiastico con l’efficacia visuale dell’immobilità, di fronte alla quale un uomo dolente cerca di mediare prostrazione e rivendicazione con una preghiera tormentata e triste; l’uomo è Fabrizio Ferracane, trapanese anch’egli e attore nascosto al grande pubblico ma di grande intensità, capace di innescare sentimenti profondi con la violenza tragica della miseria. La scelta di linguaggio, che caratterizza la compagnia e questo spettacolo, è un siciliano arcaico in cui forte si avverte l’evocazione della sofferenza popolare speculare al sacrificio del Cristo, ad esempio attraverso la presenza dell’uomo drappeggiato a lutto su una striminzita croce di legno lato alla scena, sovrastata da un sipario rosso come una cascata di porpora cardinalizia. La musicalità della lingua e il talento d’incarnazione di Ferracane legano, attraverso un sogno, le due sezioni del testo: la prima in dialogo filosofico e astratto, la seconda di elementi più concreti che narra una storia di angoscia quotidiana; in entrambe è dunque il carattere di un arcaismo che si separa dalla sinonimia all’antico e rivela elementi assoluti, di ogni tempo. Esce di scena, la croce, nella parte finale, ma le mani dell’uomo non mentono e in esse, nel loro sollevarsi e mostrarsi, c’è l’innocenza sacrificale di cui ha coscienza – fra i viventi – soltanto l’essere umano.

Simone Nebbia

In scena al Forte Fanfulla – Parabole fra i Sanpietrini

UNA BRILLANTE PECORA NERA
di e con Valeria Bianchi
con e di Alessandra Della Guardia e Elena D’Angelo

ORAPRONOBIS [guarda lo spettacolo completo su e-performance] di Rino Marino
con Fabrizio Ferracane
regia Rino Marino

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