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Una calamità spirituale per l’inferno di Mahagonny

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foto Alessandra di Consoli

Come recita il suo sottotitolo, Ashes of Hell – andato in scena il 19 aprile nel Teatro Portland di Trento con la regia di Nicolas Ceruti e la drammaturgia di Nicola Castelli – è Un fottuto requiem per Mahagonny. A partire da queste parole ben scelte, è possibile una sintesi densa di tutto il lavoro. Esso è infatti un ideale sequel della storia di Mahagonny, la città-rete di Brecht che offre agli uomini disposti a spendere denaro un’illusoria e paradisiaca soddisfazione dei loro desideri, quando in realtà costituisce un evidente specchio della vita infernale condotta nelle metropoli del pianeta. È poi un “requiem”, perché tre ex-clienti e tre ex-dipendenti della città (che il preludio dello spettacolo ci dice essere andata distrutta in un incendio) intonano per lei una messa cantata. Ed è un lavoro “fottuto”, visto che i sei personaggi non compiono sulla scena una cerimonia sacra, bensì uno sfogo violento verso una metropoli che li ha gettati in un deserto, lasciandoli insoddisfatti, schifati o traditi.

foto di Alessandra Consoli
foto di Alessandra di Consoli

Essendo Mahagonny immagine dell’inferno, la sua rovina avrebbe dovuto costituire una liberazione per i personaggi, nonché lo stimolo per tentare di costruire insieme un paradiso terreno. Invece la sua mancanza non impedisce loro di continuare a cercare sollievo per le proprie egoistiche pulsioni. Se si escludono le azioni corali, compiute soprattutto per sostenere i sei monologhi durante alcuni flashback (creati facendo buio sulla scena vuota e proiettando una luce verde sull’attore recitante), i personaggi fanno infatti due sole cose. Per un verso ripetono quello che facevano a Mahagonny, come se nulla fosse accaduto: il prete si ostina a pretendere denaro per le sue assoluzioni, l’adolescente continua a sposarsi senza amore esclusivamente per godere delle gioie della cerimonia, l’addetta al customer care prova imperterrita a venire incontro ai bisogni degli ex-clienti e a spillare loro soldi. Per un altro agiscono sulla spinta di una passione che Mahagonny ispirava loro, e che viene rivelata agli spettatori attraverso i monologhi appena prima o poco tempo dopo il compimento dell’azione stessa, riversandola però in forme aggressive sugli altri. Ad esempio il desiderio di “emozioni forti” della giovane annoiata dalla vita è ciò che conduce a sottrarre con veemenza la valigia a un personaggio, restio a mostrarne il contenuto oppure il senso di disgusto che l’ex grafica pubblicitaria provava verso la metropoli è rovesciato contro gli altri sopravvissuti che, sentendosi impietosamente messi di fronte alla descrizione dei propri vizi, arrivano ad ucciderla, concludendo così nel sangue una vicenda che poteva aprirsi sin dall’inizio con un gesto di redenzione.

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foto Alessandra di Consoli

Pur trovando la causa prossima in Mahagonny, l’origine profonda della “coazione a ripetere” e della permanenza di queste passioni distruttive risiede in ben altro. La constatazione che la città continua, benché distrutta, a esercitare la propria malefica influenza segnala del resto che è piuttosto l’intimo dei personaggi a determinare tutto ciò. Mahagonny è solo una versione più disciplinata di ciò che già avviene selvaggiamente dentro di loro. Ashes of Hell veicola così con forza uno scomodo fatto: l’inferno non è tanto un luogo, quanto una disposizione dell’animo umano. Non è infatti la città a determinare le sofferenze degli uomini, sono gli uomini ad aver costruito la città per dare dimora alle proprie sofferenze. Una Mahagonny interiore precede la fondazione della Mahagonny esteriore. Ma rivelando ciò, lo spettacolo offre pure un implicito messaggio didattico, che sarebbe sicuramente piaciuto a Brecht perché, come il suo teatro “epico”, responsabilizza in modo attivo lo spettatore: devi distruggere quanto hai costruito al tuo interno, perché al tuo esterno tu possa produrre qualcosa di migliore e di bello.

La Mahagonny interiore è ancora in piedi, e nessun uragano o incendio naturale può arrivare anche solo a scalfirne le robuste fondamenta. Sta dunque a noi scatenare un uragano o un incendio nel nostro profondo, una calamità spirituale che rimuova il fondamento della possibilità del dolore e del delitto. Se ci riusciremo, potremo finalmente edificare città più vivibili e forse cominciare a bramare davvero un vero paradiso.

Enrico Piergiacomi

Visto al Teatro Portland, Aprile 2013 Trento

ASHES OF HELL Un fottuto requiem per Mahagonny
progetto e regia Nicolas Ceruti
drammaturgia Nicola Castelli
creazione Nicolas Ceruti, Nicola Castelli, Laura Benetti, Maria Rosa Criniti, Stefano Pietro De Tassis, Luca Marchiori, Chiara Redaelli, Beatrice Uber
con Laura Benetti, Maria Rosa Criniti, Stefano Pietro De Tassis, Luca Marchiori, Chiara Redaelli, Beatrice Uber
scene e luci Nicolas Ceruti
produzione Etré Fondazione Cariplo, ilinx
in residenza Ilinxarium, Residenza Torrerotonda, Spazio Off

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