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A teatro a Roma – Donne che scrivono le donne

Foto di Matteo Nardone
Foto di Matteo Nardone

Sotto e ancora più sotto bosco, senza necessità che sia ravvisabile traccia di macchia mediterranea, nei teatri della capitale va in scena la drammaturgia. Il termine ancora oggi genera grandi confusioni. Se per alcuni ci si riferisce all’atto di scrivere testi per il teatro, per altri c’è un passaggio ulteriore che riguarda le connessioni interne di uno spettacolo teatrale. Tuttavia, universalmente, resiste in maniera più diffusa la prima definizione. Al Teatro Belli di Roma, dove un affascinante e ironico Essere norvegesi di David Greig padroneggiato con ottimo senso del testo da Rustioni/Arvigo ha appena concluso l’edizione numero XII di Trend su scrittori della scena britannica “agiti” da registi (sguardi, visioni…) italiani, ora proprio sugli scrittori italiani si punteranno i fari per un altro Trend ad essi dedicato. Ma contemporaneamente pullula, la città, di giovani e meno giovani esperienze legate alla scrittura: ma con quali differenze? Nella maggior parte dei casi, la distinzione nasce già dagli intenti d’origine: se da un lato si è stimolati dalla semplice volontà di mettere su carta una storia che si vorrà raccontare e – quindi – portare in scena, dall’altro prende corpo l’idea dell’opera e quindi si alza l’asticella degli obiettivi, connotando il testo di quelle micro-connessioni capaci di spingere verso la seconda definizione. E, di conseguenza, accrescere di qualità.

Al Teatro Lo Spazio ci si va poco, lo ammetto. Nelle periferie di una grande basilica poco lontana, quella di San Giovanni, di fianco al verde strappato attorno al mercatino ormai storico di via Sannio, il teatro si trova come in un passaggio ignoto, come fosse una cappella nascosta di preghiere scadute. Il palco è rialzato e abbastanza largo, ci si siede un po’ stretti sotto il rosso e blu delle pareti, si compita il bar interno per arrivare prima, una prossima volta. In scena è Francesca Romana Miceli Picardi diretta da Laura Jacobbi, con un monologo al femminile dal titolo Ex moglie si innamora “da morire” di ex moglie, testo/inchiesta scritto Betta Cianchini. Prima di tutto gli obiettivi: contro la violenza sulle donne e il silenzio/assenso che la perdura, l’autrice si propone di scrivere una serie di “storie da mettere in scena” – precisamente 365 – finché ancora esisterà il femminicidio. Questa storia, è la prima. Maria è una donna sposata, pian piano la sua relazione si incrina fino a farsi asfissiante preludio; contemporaneamente uno spiraglio d’aria si apre grazie all’attenzione di un’altra donna che la cerca, la corteggia, le fa capire dolcemente che si può immaginare un’altra vita. Ma la tragedia – per mano d’uomo e non di fato – è una pagina già scritta.

Nessuno ci guarda - Foto di
Nessuno ci guarda – Eleonora Danco

Ecco, appunto. Nell’intenzione valorosa che sottende all’intero progetto, la sensazione che si ha nel vedere questa prima prova di una lunga serie è di un testo “già scritto”, prima di vedere la scena. Più nello specifico: siamo nel campo minato di storie insindacabili, sulle quali nessun giudizio può pesare e che corrono il rischio di generare adesione. È teatrale, l’adesione? Fin dove è permesso spingersi in una critica senza sentirsi colpevoli? S’intenda: il testo è molto semplice e questo se da un lato non riserva sorprese per la connettività – appunto – drammaturgica, dall’altro è molto sincero e si lascia apprezzare da un pubblico vasto che nel racconto si riconosce e compie l’atto di dedicarsi, almeno per una sera, a quel tema. Quindi, operazione riuscita. Ma, là dove riesce un’operazione, non è detto riesca l’opera. Il racconto assume un carattere lineare e prevedibile, la messa in scena fa un eccessivo uso della didascalia (specialmente nelle selezioni musicali di raccordo, usate al fine di far rifiatare la narrazione) ed è frutto di una regia poco dinamica, la recitazione della Miceli Picardi sceglie un tono colloquiale ma che non riesce a farsi intimo né a modulare diversi registri per affondare (e quindi rivitalizzare) le sporgenze del testo. Eppure di tale operazione c’è necessità: etica e sociale senza dubbio, ma forse non del tutto svolta è un’altra necessità, quella artistica.

Tornerà la figura femminile nella nuova settimana teatrale: Eleonora Danco al Teatro Vascello (16-21 aprile) enumererà le fughe dal cibo e dal proprio corpo della Donna numero 4 (a seguire Nessuno ci guarda), Laura Riccioli a Fusolab 2.0 (21 aprile) porterà con Pepe le detenute del carcere di Civitavecchia, mentre al Tordinona una ginecologa abortista vivrà negli Strappi di Carlotta Piraino (19-20 aprile), così come da una penna di donna, Laura Forti, nasce la guerra di Nema problema al Quarticciolo (19-21 aprile) e sempre al femminile è il Paradise di Michela Lucenti per Le Troiane secondo Balletto Civile all’Angelo Mai (15-17 aprile). Quante storie dolorose di donne ci vogliono per farne una che dal dolore non dipenda?

Simone Nebbia

Spettacolo visto al Teatro Lo Spazio in aprile 2013

EX MOGLIE SI INNAMORA “DA MORIRE” DI EX MOGLIE
(allegra barbarie)
Testo/Inchiesta di Betta Cianchini
Con Francesca Romana Miceli Picardi
Regia Laura Jacobbi

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3 COMMENTS

  1. Ecco, Daniele Timpano, lei è un esempio di scrittura che esula dal genere. Ripercorrendo la sua “storia cadaverica d’Italia” certo si incontrano personaggi maschili, ma di loro è stato tratteggiato un carattere universale: da Mussolini a Mazzini, fino a questo Aldo Moro, in ogni caso il campo d’indagine è una linea di percezione storica e va oltre la categorizzazione. Certo, questo è un ragionamento abbozzato, non saprei di tutto questo fare teoria per ora, così come spero le parole di sopra siano lette come uno spunto di riflessione e non come un dispetto maschilista. Vedremo… Buona reclusione!

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