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Metti una Serata a Colono con Mario Martone e Elsa Morante

La serata a Colono Martone
Foto di Mario Spada

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Nella penombra di un ospedale psichiatrico moderno giunge un paziente molto particolare: si crede Edipo, accecato da sé stesso nel tentativo fallito di espiare colpe troppo grandi, legato al letto inizia il rullante declino che lo consegnerà alla morte. In questo La serata a Colono, testo di Elsa Morante contenuto ne Il mondo salvato dai ragazzini e mai rappresentato prima di questa versione di Mario Martone, il mito cerca una via alla modernità, interroga la finitudine dell’umano nel corpo morente di un personaggio che invece con l’immortalità delle proprie colpe, con l’insopprimibile potenza del fato, ha combattuto una guerra impari.

Il testo, risalente al 1968, è l’unico scritto per il teatro dall’autrice di romanzi come Menzogna e sortilegio o L’isola di Arturo ed è contenuto in una raccolta di poesie. Ciò appare un dato fondante per contestualizzarne genesi e realizzazione. Nato come una rivisitazione contemporanea dell’opera sofoclea Edipo a Colono, si connota di una vocazione poetica molto forte, incentrando sul personaggio di Edipo una saturazione di linguaggio che punta alla progressiva rarefazione drammatica in funzione di un verboso virtuosismo. Sarebbe questa un’imperdonabile macchia creativa, se l’opera non fosse dotata di un sottotitolo che meglio ne introduce gli intenti: parodia è definita, parodia del nebuloso mistero sofocleo, della poesia a teatro, del teatro stesso che – come puntualizza Emanuele Trevi in un articolo sul numero di Febbraio dei Quaderni del Teatro di Roma – «fatto di voci e di dialoghi, non può che produrre artificio e straniamento, tutti i suoi mezzi d’espressione solidali nella creazione di un “impossibile”, di una specie di grande iceberg linguistico alla deriva nei gelidi mari del silenzio». Ma, non bastasse questo, a porsi come contraltare di concetto è il di poco precedente e dichiarato spunto Edipo Re, portato al cinema nel 1967 da Pier Paolo Pasolini, della Morante amico e ispiratore. La trasformazione teorica dell’Edipo morantiano in un malato di mente parodizza la sua figura mitica – la stessa della lettura pasoliniana – colta dal fato in una colpa non sua, sotterraneamente spingendo verso una posizione più umanizzata, correa dell’avversità che discendenti e sudditi di Edipo hanno sperimentato.

La serata a Colono Martone
Foto di Mario Spada

In un campo allargato che pone sullo stesso piano il palco e la platea, Martone disegna (con Sergio Tramonti) una scena che accentra sul letto di morte e contenzione di Edipo il suo dialogo con l’eterno, ma insieme si allarga disperdendo quel segno umano nei matti che percorrono per quasi tutto lo spettacolo i corridoi di platea. Le musiche ipnotiche di Nicola Piovani, compenetrate ai suoni di Hubert Westkemper e alle luci di Pasquale Mari, pongono in risalto il mistero sottostante all’oratoria sofferente di Edipo, un Carlo Cecchi bendato e immobilizzato, assistito da sua figlia Antigone che veglia un po’ incosciente le sue ultime ore.

Mario Martone, regista che al ciclo edipico ha dedicato parte consistente della sua ricerca (da ricordare Edipo Re del 2000; Edipo a Colono del 2004), conclude il suo percorso sofocleo con ciò che resta della tragedia umana dell’inconoscibile: la parodia di sé stessa, riproducendo quel che Marx disse della storia (prima tragedia, poi farsa) nel confronto con l’autrice proprio del successivo La Storia, romanzo non a caso in soggettiva sugli eventi bellici, che pone l’uomo e la sua visione conica al cospetto dell’intemperia universale. Ma la lettura di Martone – pur nell’impostazione sperimentale (forte nel suo passato l’esperienza d’avanguardia con Falso Movimento) e nel coraggio che mostra di nuovo nel portare testi difficili come le precedenti Operette morali – appare schiacciata dalla presenza del grande attore monologante cui il contesto fa da semplice contorno: Cecchi è un fiume in piena e troppo spesso sembra parlare in collegamento da un altro teatro, avulso allo spettacolo perché lui stesso, fin troppo, è lo spettacolo. Al suo capezzale Antigone (Antonia Truppo) si muove nel manierismo popolaresco di una banale cantilena fatta di minute relative a stridere l’artificiosa eloquenza del padre, ma senza creare lo straniamento desiderato perché a essa non omogenea. C’è probabilmente un errore alla base, che appartiene alla stesura del testo: rendere contemporanea l’essenza del mito edipico mal si sposa con il tentativo di rendere Edipo personaggio di oggi, operazione che non sembra aver avuto fortuna nelle arti se non – appunto – per parodia, caricatura, imitazione del simile che non basta a farsi autonoma dal poderoso sacerdozio dell’originale, se non attraversata da una carica ironica capace di irridere – nella tragedia – anche sé stessa.

Simone Nebbia

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In scena al Teatro Argentina di Roma fino al 17 febbraio 2013

LA SERATA A COLONO
di Elsa Morante
con Carlo Cecchi, Antonia Truppo, Angelica Ippolito
e con (in ordine alfabetico) Giovanni Calcagno, Victor Capello, Salvatore Caruso, Vincenzo Ferrera, Dario Iubatti, Giovanni Ludeno, Rino Marino, Paolo Musio, Totò Onnis, Franco Ravera, Francesco De Giorgi (tastierista), Andrea Toselli (percussionista)
regia e scene Mario Martone
musiche Nicola Piovani
fondale Sergio Tramonti
costumi Ursula Patzak
luci Pasquale Mari
suono Hubert Westkemper

La tournée dello spettacolo:
19 febbraio – 3 marzo 2013 | Piccolo Teatro (Teatro Grassi) – Milano
7 – 8 marzo 2013 | Residenztheater (Marstall Theater) – Monaco di Baviera
12 marzo 2013 | Teatro Asioli – Correggio
14 – 17 marzo 2013 | Teatro Storchi – Modena
19 – 24 marzo 2013 | Teatro della Pergola – Firenze
26 marzo 2013 | Teatro Comunale – Mirano
4 – 7 aprile 2013 | Teatro delle Muse – Ancona

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