HomeArticoliFestival: reportage e articoliStatus Quo 2012: il lavoro, tra la valle e il castello

Status Quo 2012: il lavoro, tra la valle e il castello

Castello di Casalgrande Alto - Foto di Status Quo

Dalla torre del Castello di Casalgrande Alto si vede l’intera vallata: industrie della ceramica misurano geometriche un paesaggio di linee che in natura di geometrie ne avrebbe soltanto curviformi. Enrico mi ha portato fino a qui, in alto del paese alto, da dove prendere prima coscienza di quanto il lavoro lì in fondo abbia colonizzato spazi naturali dei suoi stabilimenti dell’industria ceramica e di quanto invece il posto dove siamo noi è stato fatto salvo. Proprio qui, e per questo motivo, è possibile un altro tipo di lavoro. Il Festival Status Quo 2012, diretto da Fadia Bassmaji ed Enrico Lombardi della Compagnia Quinta Parete, giunto quest’anno alla sua quinta edizione, proprio di lavoro ha inteso occuparsi e l’ha fatto testando la passione e l’entusiasmo nel territorio che più si adatta al loro impegno etico e civile: il teatro, l’arte, che solo in luoghi simili sa essere dedica alla vita umana, stasi vivificata dalla contemplazione e dal miracolo dell’accadere.

Un giardino attorno al castello è perfetto per lo spazio palco, di fianco alle pietre antiche, e per il bar ricavato come una piccola caverna del ristoro; ai lati si perdono viottoli che scendono verso ignote campagne che affascinano gli sguardi dei visitatori. Proprio in questo spazio prendono vita gli spettacoli, dal giorno di prove nella luce di un sole generoso fino al buio della sera che di tutto quel silenzio fa tesoro e che dispone all’ascolto; e proprio questo è allora lo spazio per l’incontro, che sia dal palco o poco sotto, con chi lo cerca quanto te che l’attraversi: Isadora Angelini (Compagnia Patalò) è una regista, con lei mi fermo a parlare del suo I passeggeri, spettacolo per due attori che trae spunto da quel piccolo inquieto libro di Agota Kristof che si chiama Ieri; prima dello spettacolo raccolgo la sua ansia della prossima scena, mentre il giorno successivo la incontro in punta di un discorso sulla memoria rimossa e la verità nascosta, sull’uso di esse nell’accettazione dell’esistenza, su quanto la Kristof abbia decostruito la narrazione della sua storia a farne paradigma. Noto e ricordo attraverso di lei, una volta di più, che lo spettacolo non è solo sul palco, ma una parabola che ci lega d’un filo sottile gli occhi degli sguardi vicendevoli sulle nostre cose, noto che quando parliamo di teatro – e quindi di esperienza – dovremmo tenere insieme tutto quanto a quell’esperienza ci lega, unire domande a risposte, comporre anche noi, da una storia decostruita e frammentata fatta di scene per immagini e parole, un nostro piccolo paradigma.

Senza Niente 2 di Teatro Magro – Foto di Elio Scardovelli

Altri spettacoli, senza dubbio da tener presente Senza niente 2 – IL PRESIDENTE di Teatro Magro, compagnia di Mantova che in un divertente monologo (inserito in un più grande progetto di quattro spettacoli) discute i meccanismi del sistema culturale e ovviamente teatrale quando si trova costretto ad annegare nella burocrazia delle istituzioni; Marina Visentini agisce una scena privata di ogni segno, soltanto lei e la sua figura snella si fanno carico delle parole ironiche con cui misurare l’esigenza di fare e creare teatro, infarcendo il testo di improbabili dislessie ma rivendicando se stessa attraverso l’apertura di una buona dizione che la fa attrice, una volta di più, contro tutto ciò che la spinge in direzione contraria.
Mirafiori Outlet è invece un interessante studio per uno spettacolo (Compagnia Marck’s and co) che dall’urgenza del racconto sociale si faccia calata nella coscienza individuale e collettiva: del referendum di Mirafiori si conosce la storia contemporanea di un dilemma che svela alcuni odierni meccanismi del mondo operaio, lo spettacolo ne dichiara alcuni lodevoli tentativi di un racconto non solo orale ma anche figurale, con musica originale dal vivo di pianoforte e sassofono.

In fondo a un festival tematico che unisce teatro e lavoro per cavare – dalle due emergenze – gravidi spunti di riflessione, un Convegno tira opportunamente il filo del sipario: Del lavoro culturale ha unito le scienze umane all’economia e ha compiuto quel passo determinante che ne farà restare il segno: parlando di lavoro culturale, l’ha svolto.
La sera sconfina nel buio ogni pietra di questo castello, dall’alto la torre dov’ero affacciato si raccoglie al suo dominio, quel giardino di quiete dove siamo noi: battono forsennate fino alla notte le discoteche lontane nell’operosa vallata, ma il silenzio tacendo rinnova quell’opera che la natura contempla: è questo il miracolo, il lavoro segreto dell’arte.

Simone Nebbia

Telegram

Iscriviti gratuitamente al nostro canale Telegram per ricevere articoli come questo

2 COMMENTS

  1. Ciao GAAT,
    se ti interessa i due monologhi del progetto (che credo ne conti un terzo) saranno al Teatro Studio Uno il 5-6-7 ottobre prossimo.

    Buona visione!
    SN

LEAVE A REPLY

Please enter your comment!
Please enter your name here

Pubblica i tuoi comunicati

Il tuo comunicato su Teatro e Critica e sui nostri social

ULTIMI ARTICOLI

Dall’oscurità alla luce. La vegetariana di Daria Deflorian

Recensione. La vegetariana, dal romanzo della scrittrice Premio Nobel Han Kang, portato in scena da Daria Deflorian. Visto all'Arena del Sole di Bologna, in...