Cervelli in fuga, si dice, ma certo troppe volte assieme ai cervelli se ne vanno via i corpi, le voci, le competenze di tanti artisti italiani che non trovano in questo paese le condizioni per farsi apprezzare, scelgono così di andare via, farsi bagaglio delle proprie emozioni tangibili e riconoscerle in luoghi d’altrove, impiantare lì la propria ricerca artistica. Le due moine si sono costituite per un incontro in terra straniera, due per la precisione: tra Bruxelles e Berlino due fughe si sono fatte una: Paola Bartoletti e Nadia Cusimano, all’estero da vent’anni per il teatro musicale l’una e per la danza l’altra, hanno intrecciato il loro bisogno di rivendicare un’appartenenza sia pur da lontano e hanno dato vita a una collaborazione artistica che produce spettacoli testuali (quindi diversi dalle loro esperienze oltreconfine), in lingua italiana, da realizzare guardando e riattraversando quel paese da cui si sono allontanate.
Incontrate al Valle Occupato per Sostanze Volatili, in occasione della loro discesa per due spettacoli che le hanno fatte conoscere alla platea romana, stupisce il loro racconto di ritorno, quel viaggio compitato e realizzato per via d’arte, o meglio ancora prima per la via privata di un’amicizia scambiata per lettera, per condivisione epistolare di un’esperienza comune di sradicamento, pagine scritte e lasciate alla reattività dell’altra, finché il legame non fu forte al punto di farsi opera. Questa, la loro necessità: lo scambio reciproco, riconoscersi nell’estraneità di calpestare due terre diverse, entrambe accomunate dal non essere la propria.
Voi siete qui l’hanno appena realizzato per Ravenna Teatro, un lavoro sull’idea del centro che dai luoghi si trasferisca agli esseri umani (sintomatico per due esiliate) e l’avrebbero portato in scena il giorno successivo all’incontro nella Sala Vittorio Arrigoni (ex Cinema Palazzo); al Valle Occupato hanno invece portato un più vecchio spettacolo: Messa insieme, lavoro risalente al 2008 che ha avuto poche repliche e un po’ di diffidenza verso chi è lontano da giri noti e di rilassante spendibilità. La scheda lo dichiara Monologo collaborativo, tale infatti è questa performance gestuale e vocale: il loro volto è sempre frontale e i loro abiti identici e diversi di colore, non cercano mai il profilo dell’altra, le loro voci si rincorrono e danno vita non a un dialogo come si potrebbe immaginare, ma a un vero monologo di suoni e parole intrecciate in un tono orizzontale da sermone a farsi sottile drammaturgia (da lì forse, la Messa insieme); si genera così un coro a battere il suo tempo nelle parole unisone che sembrano costituire una sorta di percorso cifrato, una linea ideale che nella forma geometrica misura molto della sua proposta d’ascolto. Dichiarato il riferimento alla figura del cantastorie, ma tra le righe alcune suggestioni riportano alla ricerca tra parole e suono di un’area romagnola da cui provengono, come fosse però messa in crisi ed estremizzata attraverso l’ironia (un po’ al modo del due riminese Quotidiana.com e per altre vie del notevole Don Giovanni de I Sacchi di Sabbia).
Un lavoro dunque intrigante che si lascia apprezzare per qualità tecnica, maggiormente che per bontà progettuale: forse fin troppo esile la drammaturgia che si va costruendo nella ricerca di relazione tra linguaggio e senso e il rischio di restare nell’idea giocosa è ancora presente. Tuttavia quella relazione è un nucleo d’indagine forte che, declinato su più livelli, può offrire spunti ancora maggiori. “Vivere è essere un altro. Neppure sentire è possibile se si sente oggi come si è sentito ieri: sentire oggi come si è sentito ieri non è sentire, è ricordare oggi quello che si è sentito ieri, è essere oggi il cadavere vivo di ciò che ieri è stata la vita perduta” : una citazione dal Libro dell’inquietudine di Bernardo Soares (di Fernando Pessoa) chiude la scheda e allora è tutto più chiaro: unisona ma ignorata è la relazione dell’io con l’altro, messa insieme senza guardarsi, su un profilo di fianco.
Simone Nebbia
Teatro Valle Occupato
Giugno 2012
Roma
MESSA INSIEME monologo collaborativo
di e con LE DUE MOINE