HomeArticoliSpinaceto senza navigatore: Medea al Teatro della Dodicesima

Spinaceto senza navigatore: Medea al Teatro della Dodicesima

Botteghino del teatro (www.teatrodelladodicesima.it)

L’idea delle distanze, certe volte, è pura illusione. E allora si chiama pigrizia. Via Carlo Avolio, numero 60: Google Maps mi diceva la strada da percorrere, prima di uscire di casa. Una volta fuori ho preso un largo anticipo perché l’idea di raggiungere Spinaceto mi pareva più astratta di quanto poi, lungo la strada, ho trovato semplice: alla fine di tutto, il Teatro della Dodicesima. Un giardino perimetrato di alberi alti e frondosi, in un complesso di quelli scolastici che si trovano in provincia e nel cuore dei quartieri popolari, il teatro è un’entrata sul lato sinistro, alla fine di un piccolo viottolo. L’idea di Spinaceto era di una desolazione mitica, colpevole fu un documentario geniale di Antonio Rezza (Troppolitani), in avanscoperta di questo centro poco lontano dalla città e in cui parevano resistere antichi fantasmi e nulla più. E invece scopro che gli uomini ci sono e vanno anche a teatro: un vocio da foyer mi accoglie nello spazio interno, dove a piccoli gruppi si parla e si attende, l’atmosfera è viva, alle pareti una biblioteca di libri in consultazione (scoprirò poi che, a chi porta un libro in regalo, si applica il biglietto ridotto per gli spettacoli); una ragazza dai capelli scuri mi offre il programma della stagione 2012: siamo alla fine, manca poco che si concluda, penso che forse era il caso di venirci all’inizio, l’atmosfera è di quelle che avrei avuto voglia di raccontare perché si frequentasse un po’ di più, ma non demordo, entriamo in sala. Il teatro è un palco rialzato mezzo metro, molto largo e di discreta profondità, essenziale il comparto tecnico, sedie disposte su una gradinata: nell’occasione è il teatro danza a far vivere questo palcoscenico, più precisamente la Compagnia Aleph di Paola Scoppettuolo, che cura regia e coreografia di questa Voci – medea, tratto dal libro “quasi” omonimo di Christa Wolf.

Foto di Maura Martongelli

La compagnia, attiva dal 1998 e che scoprirò dalle parole della regista avere all’attivo ben sedici produzioni su territorio italiano e internazionale, scopro anche che non ha nulla a che vedere con l’Aleph Company, giovani danzatori veneti che stanno riscuotendo discreti successi nei circuiti della danza indipendente. Ma questa falsa omonimia che all’inizio mi aveva colpito, non è la sola: quella fra libro e spettacolo ad esempio è subito spezzata però da un riferimento ben preciso, perché il libro della Wolf mantiene la maiuscola di Medea (e va prima di Voci), mentre in questo caso si cambiano di posto e medea è scritto in minuscola. Il racconto romanzesco prende le mosse dalla figura di Medea antecedente all’idea che Euripide ne ha lasciato con la sua opera, una donna diversa da quella che uccide i suoi figli, una donna custode di un segreto che pagherà amaramente; nel caso di questo spettacolo le “voci” affiorano prima della stessa Medea, se ne fanno bisbiglii di un destino, una sorta di sotterranea predizione onirica, qui la loro Medea si fa partitura musicale, voce fuori campo su cui misurare il movimento. Cinque i danzatori in scena, abili e fluidi nella danza, meno pulita la vocalità con cui affrontano parti di testo; il risultato creativo di maggior pregio è definito dall’uso dei costumi, che sviluppano nella dinamicità di relazione fra i danzatori una potenzialità drammaturgica.

Dopo applausi e apprezzamenti di un pubblico che pare aver voglia di cose nuove e perché no anche di qualche futuro azzardo, le due ragazze che mi hanno accolto, Roberta e Silvia, mi introducono nelle sale dell’intero complesso: lo spazio è gestito da un collettivo di cinque persone che vorrebbero aprirlo il più possibile a tante esperienze, contaminarsi insomma, diventare un laboratorio permanente dell’espressione in relazione con le altre realtà cittadine. Fino a Roma diremmo tutti? Ma Spinaceto è dietro l’angolo, e non serve nemmeno Google Maps: alla faccia di chi la dava per deserta, il teatro arriva – o vorrebbe arrivare – anche qui.

Simone Nebbia

Aprile 2012
Teatro della Dodicesima
Roma

VOCI – MEDEA
Liberamente ispirato al libro “MEDEA – Voci” di Christa Wolf
Regia e coreografia: PAOLA SCOPPETTUOLO
danzatori: COMPAGNIA ALEPH
set concept: PAOLA SCOPPETTUOLO
elaborazione musicale: DANIELE MARTONGELLI
allestimento sonoro della parola: MARIALISA MONNA – EMMEBIFACTORY
light designer: DANIELE MARTONGELLI
ideazione costumi: PAOLA SCOPPETTUOLO
realizzazione costumi: DITTA BOLERO
fotografia: MAURA MARTONGELLI

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Simone Nebbia
Simone Nebbia
Professore di scuola media e scrittore. Animatore di Teatro e Critica fin dai primi mesi, collabora con Radio Onda Rossa e ha fatto parte parte della redazione de "I Quaderni del Teatro di Roma", periodico mensile diretto da Attilio Scarpellini. Nel 2013 è co-autore del volume "Il declino del teatro di regia" (Editoria & Spettacolo, di Franco Cordelli, a cura di Andrea Cortellessa); ha collaborato con il programma di "Rai Scuola Terza Pagina". Uscito a dicembre 2013 per l'editore Titivillus il volume "Teatro Studio Krypton. Trent'anni di solitudine". Suoi testi sono apparsi su numerosi periodici e raccolte saggistiche. È, quando può, un cantautore. Nel 2021 ha pubblicato il romanzo Rosso Antico (Giulio Perrone Editore)

2 COMMENTS

  1. Cara Roberta, ce ne saranno di occasioni…basta andare a teatro ad esempio e le possibilità aumentano vertiginosamente! 🙂

    A presto
    Simone

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