Un luogo intimo e partecipato a un solo tempo, lo spazio teatrale, a volte sa diventare. Sa farlo nel momento in cui il suo rito si toglie molti dei paramenti liturgici o meglio ancora quando è capace di scioglierne la forza identificativa in una rappresentazione che di sé non abbia più nulla, ossia quando la materia si spoglia di ogni orpello che la conficca nel terreno cosparsa di melassa collosa e si libera a dirsi senza bisogno d’altro che dell’espressione scelta a tale grande, immensa dimostrazione e prova di vita. Ne è un esempio felice uno spettacolo piccolo e importante che si chiama Una questione di vita e di morte. Veglia per E. E., monologo portato in scena da Teatro Invito/Ultimaluna di Lecco per Luca Radaelli che ne è interprete, autore e regista, il cui testo è ispirato alla vicenda ormai famosa di Eluana Englaro ed è stato scritto con il contributo di Beppino Englaro e del suo libro edito da Rizzoli Eluana. La libertà e la vita.
Di Eluana Englaro sappiamo tutto, o crediamo di saperlo dal momento in cui la cronaca spettacolo ha bombardato un intero paese guardone e affamato di informazioni per tutto quanto era possibile rintracciare di una ragazza interrotta nel 1992 e tenuta per 17 anni ancorata allo stato vegetativo permanente cui l’aveva costretta un incidente stradale: prigioniera – la sua vita – del corpo rimasto. Le sue foto, la sua mitizzazione, il vessillo dell’una e dell’altra, della vita e della morte. Ma le foto sono di tanti anni prima, Eluana Englaro – che per noi ormai affezionati al voyeurismo è soltanto morbosamente Eluana – ha smesso di essere quella ragazza quando la sua vita rimase a metà dell’ultimo fiato, nel suo corpo senza esistere più in esso, incapace ormai di accadere nel mondo, l’unico posto dove un uomo può essere tale, altrimenti è disumano e umiliato ogni istante, intriso della stessa condanna in cui è stato costretto a cadere.
Una questione di vita e di morte. Congiunzione e non disgiunzione: “e” al posto dell’usuale, proverbiale “o”. Non c’è a parer mio un modo migliore per dire di questo spettacolo che ragionare su quella “e” messa nel mezzo a tutto quanto, tutto l’esistente che appartiene agli uomini e di cui pure essi non potranno mai disporre, quella “e” che mi fa dire quanta prossimità ci sia fra le due che la paura fa antitetiche, ma che non lo sono: Radaelli compie un percorso mite tra parole dette e parole cantate in musica, cerca di ragionare e far ragionare sulla vicinanza millimetrica dell’una e dell’altra, sulla balistica che dispone la sopravvivenza, sull’inerzia mortale di una vita senza vita.
Ci ho provato fin qui, ma mi prende un pudore a cercare le parole per dire qualcosa di intelligente ed esaustivo. Assieme una rabbia improvvisa sento mi governi le parole. Vorrei non fosse mai accaduto ma anche che questo accadimento invece sia monito per gli anni a venire, come m’insegna un padre privato del suo privato, Beppino Englaro, che ha messo in gioco il suo dolore di fronte a quel che sapeva l’avrebbe manipolato in ogni maniera. Ma ha vinto. E io sento di aver vinto con lui. Mi spoglio di critico d’arte e sono critico di mondo, dico io e lo ripeto. Sono uomo in questo momento e sto dicendo grazie a un mio simile. Io che faccio parte di noi, quelli che un tempo antico sapevamo definirci “mortali” e che oggi cerchiamo ogni modo per negarcelo. Se non fossi passato attraverso uno spettacolo spogliato della spettacolarità, misurato e sinceramente sommesso, desideroso di pietà e di libertà, non avrei mai immaginato di essere qui a battere sui tasti con un dolore non mio. Ma che mio è diventato.
Simone Nebbia
Visto a Roma a La Riunione di Condominio il 17 febbraio 2012
e in replica al Centrale Preneste il 18 febbraio 2012
UNA QUESTIONE DI VITA E DI MORTE. VEGLIA PER E.E.
Teatro Invito/Ultimaluna
di e con Luca Radaelli
accompagnamento musiche e canto Marco Belcastro
scritto con il contributo di Beppino Englaro e del suo libro “Eluana. La libertà e la vita” (ed. Rizzoli)