Mentre sul web non sembrano affievolirsi le proteste – nonostante le precisazioni del Teatro Franco Parenti e le prese di posizione di intellettuali e religiosi – Romeo Castellucci risponde con una lettera inviata ai media nella quale espone il proprio pensiero sullo spettacolo boicottato. Chiediamo ai lettori di esprimere la propria solidarietà lasciando un commento nell’apposito spazio come in una virtuale e informale raccolta di firme. Alle altre testate preghiamo di divulgare la lettera nella speranza che l’informazione sia fautrice di libera espressione e creazione artistica. TeC
Lettera di Romeo Castellucci
Questo spettacolo nasce dalla considerazione dell’odierna ed estrema solitudine del Volto di Gesù.
Questo spettacolo vuole essere una riflessione sulla difficoltà del 4° comandamento se preso alla lettera. Onora il padre e la madre. Un figlio, nonostante tutto, si prende cura del proprio padre, della sua incontinenza, del suo crollo fisico e morale. Crede, senza conoscerlo, in questo comandamento. Fino in fondo. Fino in fondo il figlio sopporta quella che sembra essere l’unica eredità del proprio padre. Le sue feci. E così come il padre anche il figlio sembra svuotarsi del proprio essere. La kenosis troppo umana di fronte a quella divina.
Questo spettacolo è una riflessione sul decadimento della bellezza, sul mistero della fine. Gli escrementi di cui si sporca il vecchio padre incontinente non sono altro che la metafora del martirio umano come condizione ultima e reale. Gli escrementi rappresentano la realtà ultima della creatura, ma anche il vocabolario quotidiano del linguaggio d’amore che il figlio porta al proprio padre.
Questo spettacolo mostra sullo sfondo il grande volto del Salvator Mundi dipinto da Antonello da Messina. Tutto lo svolgimento della scena non è che un piano-sequenza molto semplice che descrive tutti i tentativi del figlio di pulire e ridare dignità al vecchio genitore. Invano. Gesù, il Salvator Mundi, è il testimone muto del fallimento del figlio.
Questo spettacolo ha scelto proprio il dipinto di Antonello a causa dello sguardo che il pittore ha saputo imprimere all’espressione ineffabile del volto di Gesù. Questo sguardo è in grado di guardare direttamente negli occhi ciascuno spettatore. Lo spettatore guarda lo svolgersi della scena ma è a sua volta continuamente guardato dal volto. Questa economia dello sguardo obbliga, perché interroga, la coscienza di ciascuno spettatore come spettatore. Il Figlio dell’uomo, messo a nudo dagli uomini, mette a nudo noi, ora. Questo ritratto di Antonello cessa di essere un dipinto per farsi specchio.
Questo spettacolo, quando le condizioni tecniche lo rendono possibile, vede l’ingresso di un gruppo di bambini. Entrano in scena con le loro cartelle di scuola che svuotano presto del loro contenuto: si tratta di granate giocattolo. Uno a uno cominciano a lanciare queste bombe sul ritratto.
E’ un crescendo. Ad ogni colpo corrisponde un frastuono. Nel climax delle deflagrazioni, imitanti degli autentici colpi di cannone, nasce dapprima una voce che sussurra il nome di Gesù, poi si moltiplicano fino a diventare tante e tutte ripetono quel nome. Poi, sul finire dell’azione e come fosse il prodotto di quei colpi, nasce un canto: il “ Gloria Patri – Omnis Una “ di Sisak. I colpi delle bombe diventano la musica del suo nome. In questa scena non ci sono adulti.
Ci sono innocenti contro un innocente. La violenza rimane nel gesto adulto mentre l’intenzione è quella del bambino che vuole l’attenzione del genitore distratto. Il bambino ha fame, come si dice nel salmo 88: Dio non nascondermi il tuo Volto.
Questo spettacolo, quando le condizioni tecniche di ciascuna sala teatrale lo rendono possibile, prevede in un momento l’uso dell’odore di ammoniaca. L’ammoniaca, come si sa, è l’ultima trasformazione possibile, l’ultima fattuale transustanziazione dell’uomo, l’ultima esalazione del corpo umano nella morte: le spoglie dell’uomo si trasformano in gas, in aureola. Il “profumo” dell’uomo. Il suo saluto alla terra.
Questo spettacolo – come tutto il Teatro Occidentale che trova fondamento nella problematica bellezza della Tragedia greca – obbedisce alle sue stesse regole retoriche: è antifrastico, utilizza cioè l’elemento estraneo e violento per veicolare il significato contrario. La violenza qui significa, omeopaticamente, la ricerca e il bisogno di contatto umano; così come allo stesso modo un bacio può significare tradimento. La lezione della Tragedia attica consiste in questo: fare un passo indietro: rendersi disumani per potere meglio comprendere l’umana fragilità.
Questo spettacolo nasce come un getto diretto delle e dalle Sacre Scritture. Il libro dell’Ecclesiaste, la Teodicea del Libro di Giobbe, il salmo 22, il salmo 23, i Vangeli. Il libro della Tragedia appoggiato su quello della Bibbia.
Questo spettacolo mostra, nel suo finale, dell’inchiostro nero che emana – achiropita, non per mano d’uomo – dal ritratto del Cristo. Tutto l’inchiostro delle sacre scritture qui pare sciogliersi di colpo, rivelando un’ icona ulteriore: quella che scavalca ogni immagine e che ci consegna un luogo vuoto.
Questo spettacolo mostra la tela del dipinto che viene lacerata come una membrana, come un sideramento dell’immagine. Un campo vuoto e nero in cui campeggia luminosa una scritta di luce, scavata nelle tavole del supporto del ritratto: Tu sei il mio pastore. E’ la celebre frase del salmo 23 di Davide. La scrittura della Bibbia ha perso il suo inchiostro per essere espressa in forma luminosa. Ma ecco che quando si accendono le luci in sala si può intravedere un’altra piccola parola che si insinua tra le altre, dipinta in grigio e quasi inintelligibile: un non, in modo tale che l’intera frase si possa leggere nel seguente modo: Tu non sei il mio pastore.
La frase di Davide si trasforma così per un attimo nel dubbio. Tu sei o non sei il mio Pastore?
Il dubbio di Gesù sulla croce Dio perché mi hai abbandonato? espresso dalle parole stesse del salmo 22 del Re Davide. Questa sospensione, questo salto della frase, racchiude il nucleo della fede come dubbio, come luce. E allo stesso tempo è sempre lei, la stessa domanda: essere o non essere?
O piuttosto: essere E non essere.
Questo spettacolo è una bestemmia, come la croce è bestemmia romana, come la corona di spine è bestemmia romana, come Gesù condannato, perché ha bestemmiato. Nel libro dell’Esodo la sola pronuncia del nome di JHWH è bestemmia. Dante scrive una bestemmia nel canto XXV dell’Inferno. Venerare il volto di Cristo nelle icone era bestemmia e idolatria per i cristiani bizantini prima del Concilio di Nicea. Galileo bestemmia quando dice che la terra gira intorno al sole.
Vedere il proprio padre perdere le feci per casa, in cucina, in salotto è bestemmia.
Questo spettacolo non è esatto, questo spettacolo è merda d’artista.
Romeo Castellucci
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Prossime date per Sul concetto di volto nel figlio di Dio
17 e 18 Febbraio 2012
ERT, Teatro Testoni [cartellone]
Casalecchio di Reno
Proteste infondate di una massa priva di senso critico. Tanta solidarietà per Castellucci e i suoi attori.
Bella lettera, chiara, senza un velo di polemica. Da sola dovrebbe bastare a spegnere ogni violenta, quella sì, minaccia. Ahimè, così non sarà. Peccato non poter vedere lo spettacolo.
Tra qualche settimana lo spettacolo sarà ad Anversa. In Belgio c’è un pubblico adulto, inquisitivo e rispettoso. Castellucci è molto amato in Belgio. Aspettiamo ‘a gloria’ questo spettacolo, che sappiamo ci confonderà, ci porrà questioni senza risposta, ci addolorerà e ci incanterà. Grazie della lettera.
Io e mio marito abbiamo visto lo spettacolo a Roma, io incinta al nono mese e lui che assisteva la madre in fin di vita, e se ne doveva occupare proprio come il figlio in scena. Siamo usciti toccati, pensando che il vero messaggio di Gesù si vede in questo amore e in questa desolazione. Non capiamo le critiche insensate. Solidarietà a Castellucci e a tutti gli artisti
E’ incredibile che uno spettacolo così ricco venga ideologicamente boicottato da chi ancora non lo ha visto, né lo vedrà. Guardare, ascoltare e leggere, prima di parlare. Grazie della lettera e in bocca al lupo.
Preghiamo affinche’ questo spettacolo venga messo in scena a Milano.
E riporto qui dall’Antico Testamento, libro di Isaia: alcuni uomini “saranno ridotti a mangiare i loro stessi escrementi e a bere la loro stessa urina” (Is 36.12);
ed inoltre nel libro di Geremia alcuni sacerdoti vengono imbrattati di materia fecale nel Tempio stesso: “Spandero’ sulla vostra faccia escrementi, gli escrementi delle vittime immolate nella vostra solennita’, perche’ siate spazzati via insieme ad essi!” (Malachia 2.3).
Nella Bibbia compaiono coprofagia e scatofilie di vario genere, e direi che le categorie dell’osceno abbondano.
Censurare qualche messa? Censurare qualche spettacolo teatrale?
Preferisco sospendere il giudizio ed emozionarmi in entrambi i casi.
Aspettiamo con gioia lo spettacolo a Milano!
una lettera magnifica. le proteste e le troppe parole spese contro questo lavoro sono, a mio avviso, pericolose. pericoloso è il non saper guardare ai lati e sopra e sotto ma solo nel piccolo spazio centrale di una cosa. molte considerazioni si potrebbero fare…mi limito a esprimere il massimo rispetto per il lavoro di Castellucci e della compagnia.
Caro Castellucci, probabilmente hanno soltato fatto il suo gioco nell’accusarla di blafemia. Ma secondo me l’unica cosa di cui la si può accusare è quella di esprimere il nulla. Non vorrei che si sia immedesimato troppo nel concetto di merda d’artista, e a sua volta l’abbia soltanto fatta la merda, facendo questo spettacolo. Si vergogni. E cerchi un poì più di umiltà, non le guasterebbe.
fantastico. Rimango spesso delusa quando vado a teatro ma questo è stato lo spettacolo migliore degli ultimi anni per me. Mi è rimasto dentro come un quadro che fissi incantato in una mostra d’arte e si lascia ricordare ancora tutto, pieno, con i suoi i particolari e i suoi odori.
ho visto lo spettacolo. è stato uno degli spettacoli più belli degli ultimi anni. ho tenuto con me per giorni tutto l’amore e tutta la rabbia,dolente, per l’umano. uno spettacolo di grande amore e di grande generosità. grazie.
che malessere questa folla che esprime una tale rabbia accecata che fa pensare alla follia
Il rispetto tra gli uomini sarà totale solo quando l’esporre i propri pensieri, la propria arte, non solleverà più richieste di censura.
Quando un artista, è costretto a spiegare/raccontare il suo viaggio o la sua vertigine, fuori dal contesto in cui si esprime la sua arte,quell’artista a mio avviso è imprigionato. Questa lettera dimostra quanto l’italia sia ancora una volta un paese dove la libertà di espressione è condizionata da una” Finta Morale”. Ogni tentativo di provocare un riscatto umano in questo paese è tranciato. Tutta la mia personale solidarità a Romeo Castellucci.
è banale dire che solo in Italia accade e può accadere? sì: è banale. ma orribilmente vero.
di pancia mi verrebbe ‘non ti curar…’ di testa ….no la testa non mi assiste…
Solidarietà con Castellucci e contro la mediocrità ipocrita degli uomini meno che medi
Provocazione per provocazione: e se lo spettacolo in questione fosse semplicemente, icasticamente, una merda e basta (anzichè d’artista)?
Complimenti all’uomo e all’artista. Vorrei davero vedere lo spettacolo.
Grazie a Castellucci per aver raccontato anche la mia sofferenza.
Più di una volta ho dovuto pulire mia madre dai suoi escrementi prima che un cancro al pancreas me la portasse via. L’ho fatto davanti ad un crocifisso appeso alla parete ed alcune immagini sacre raffiguranti la Madonna a cui mia madre era legata. Credo che né Gesù Cristo né Maria si siano offesi per questo. Si saranno forse offesi quando ho rovesciato nel cesso l’acqua benedetta di Lourdes contenuta in una bottiglietta a forma di Madonnina. E’ un gesto di cui mi vergogno molto, ma è stata la mia personale bestemmia di fronte all’abbandono, il mio urlo di dolore e disperazione davanti a tanta solitudine. La bestemmia, in fondo, è un atto d’amore come un altro.
Quando mia madre se n’è andata, il crocifisso e le immagini sacre sono finite in un cassetto, per ora restano lì.
chi vive questa fase della vita può capire, grazie per esprimere artisticamente ciò che a volte non si riesce ad urlare, contestarlo significa mancare di rispetto a chi soffre e negare libertà di pensiero
“Le granate giocattolo… innocenti contro innocenti…” I limiti della conoscenza, dei significati, delle regole retoriche; “antifrastico: cioè utilizzare l’elemento violento per veicolare il significato contrario… rendersi disumani per meglio comprendere…” Esatta può essere la risposta al quiz, il calcolo scientifico, poco di più.