Maledetti dai motociclisti e rimbalzati nelle campagne elettorali di varie ultime amministrazioni comunali, i sanpietrini sono indubbiamente tra gli elementi che più contraddistinguono la città di Roma: piccoli vessilli del passaggio della storia, dai carri secolari fino alle più moderne automobili, per loro passa il cosmopolitismo e la più spassionata tradizione, ossimorica costruzione di una metropoli che nelle sue contraddizioni impone uno scarto di indefessa vitalità. Negli interstizi fra una pietra e l’altra, corre il sangue di questa città, la linfa che ne è costituzione e insieme racconto. Lo sanno bene i ragazzi che hanno deciso di dar vita a questa nuova avventura di uno spazio artistico, il Forte Fanfulla, attivo da pochi mesi e oggi luogo di una rassegna che ha proprio per nome Parabole fra i Sanpietrini, festival di teatro che dal 26 gennaio al 26 maggio 2012 seguirà il percorso consolare, da Roma in fuori, ospitando compagnie romane come OlivieriRavelli e Dario Aggioli, ma anche i milanesi CleanCorner e la torinese Compagnia dei Demoni.
Entrare al Forte Fanfulla convocati per la conferenza stampa di lancio è ad oggi un po’ come essere invitati in un cantiere mentre si edifica quello che solo in prospettiva si può apprezzare: dopo essere passati per il cortile che accede alla sala da tè, calda e accogliente, al prezzo (alto) di una tessera ARCI annuale si ottiene un caschetto giallo per l’inizio del tour fra la costumeria, la sala insonorizzata per la musica, la sala della tecnica “in prestito” e finalmente quella teatrale con i calcinacci in terra, con tre pareti nere e una verde acceso, che promettono presto diventerà come le altre; a metà del giro di perlustrazione arrivano anche i volantini del festival che vengono distribuiti dalle ragazze di Off Rome (segniamoci il nome di questa nuova organizzazione al femminile su questo territorio sempre in fermento: faranno strada), così ecco svelati i modi e le caratteristiche di questa chiamata artistica in un luogo in divenire: quattro mesi per affermarsi in una città che tende alla chiusura, la cui crescita bloccata continua a partorire reazione e fuochi di resistenza; accadrà secondo un sistema che ha garantito la sopravvivenza a realtà diverse in anni forse migliori: la consonanza umana e professionale, la ricerca di un altro sistema quando quello noto e ufficiale è solidificato e inavvicinabile.
La proposta per r-esistere è semplice e ricalca quella di luoghi che hanno fatto dal basso la storia artistica della città: la concessione dello spazio come sala prove per una settimana da far confluire in una prova del lavoro aperta alla valutazione del pubblico, cercando di ospitare le compagnie che vengono da fuori in una sorta di “grado zero della residenza” in cui «sei ospite e pure partecipi», mi dice Maria che ci sta credendo davvero. Poco prima di restituire il caschetto e andare via, un cartello già in parte accartocciato poggia su una fila di quattro poltroncine rosse già impolverate, messe lì in attesa di sistemazione, rubate – mi piace pensarlo – alle sale del teatro ufficiale; sul cartello è scritto “Regole monastiche per una convivenza barbaramente civile”: ecco, queste ultime parole ne siano piena espressione: è solo nella barbarie civile, nel brusio vitale del lavoro e della condivisione, che si può far nascere qualcosa. Uscendo non riesco a non pensarlo: Forte, mi dico, questo nuovo Fanfulla.
Simone Nebbia