Com’è bella l’acqua di un fiume, corre lungo una direzione che nessuno sguardo saprà mai contrastare: si potrà guardare controcorrente, ma lei continuerà a scorrere via; così bella è l’acqua del fiume, così bella che non te ne accorgi nemmeno di quanto la sua esistenza sia sempre intimamente connaturata alle terre che divide, ma senza mai dividerle davvero. Con Tommaso l’abbiamo percorse entrambe, correndo accanto a quell’acqua dal primo fino all’ultimo giorno di questo B.Motion 2011, abbiamo graffiato di passi e di parole la traccia sconnessa di lungofiume, abbiamo immaginato mondi calcandone altri, intrecciato tensioni ed ebbrezze che la scena ci consegnava a questo groviglio della natura, come se quel che accadeva in teatro dovessimo cercarlo altrove, negli spazi consegnati dalla bassa sotto il Monte Grappa, per davvero sentirli veri.
Corrono, i passi lungo il Brenta delle ondate improvvise. In sei giorni hanno misurato i tragitti di questo teatro, calpestato congetture senza finalità e alzato invece la polvere ai polpacci di una vitalità segreta e terragna. Corrono, i nostri passi, e noi, che ragioniamo cercando ossigeno fra i respiri affaticati, pian piano che la fatica ce ne estorce un fiato, una consapevolezza nuova ci induce a respirare. Tante le cose viste, capite, attraversate in questi giorni: le conferme di Babilonia Teatri e la freschezza dei ragazzi di Scenario con cui bisognerà confrontarsi, che bisognerà rintracciare più volte lungo il percorso, aiutarci ad aiutarli perché questo meccanismo dell’arte mordi e fuggi non annienti anche il loro impeto vitale, abbiamo visto le certezze del debutto riuscito e i dubbi di quando è traballante, ma ognuno è parte di un processo che all’arte lo stesso appartiene; ogni giorno correndo dal Teatro Remondini al Garage Nardini abbiamo trovato spazi di confronto incespicando in un pensiero coinvolto, abbiamo visto Aure di Teatropersona, Fortuny di Anagoor e Grimmless di ricci/forte, tre delle cinque compagnie (con Santasangre e Muta Imago) a rappresentare i “giovani” del nostro teatro nazionale alla prossima Biennale di Venezia di fronte agli operatori stranieri; una scelta forse giusta e caratterizzante ma forse anche poco coraggiosa, considerando che tutte queste compagnie frequentano già i palcoscenici internazionali. Nella fatica del corpo misuriamo l’intensità di questi giorni, i semi che germoglieranno e quelli che resteranno inesplosi, la ricerca e l’idea, la scoperta e la realizzazione.
Oggi è l’ultimo giorno, e penso a tutto questo mentre Bassano impazzisce per gli Alpini sul loro Ponte, urlando l’entusiasmo di una festa che non si capisce ma si festeggia lo stesso, affollati davanti al Nardini, qualcuno si sposa e fa le foto dalla balaustra scoscesa, qualcuno cerca di capire se sul parapetto stondato si regga un bicchiere di mezzoemezzo, altri sono ancora in giro dal Toga Party del giorno prima, altri ancora portano un cartello al collo “1 mazzata un euro, 2 mazzate due euro, abbonamento mensile”, e di questo passo non arriveranno al giorno dopo. Tante le cose viste e oggi vedo invece Bassano che fa festa, i miei occhi a ridirne i sorrisi: penso all’altro giorno, quando nel mezzo del sentiero io e Tommaso abbiamo girato lo sguardo e visto una sorta di piramide Maya, di colpo ci siamo fermati pensando cosa ci fosse oltre, così abbiamo iniziato a scalare le sue pietre rettangolari e quando siamo arrivati in alto abbiamo scoperto che non c’era niente più di quel che c’era prima. Ma cosa, se non questo, è la ricerca? Sopra e sotto la piramide, in una sponda e l’altra del fiume, di qua e di là tra palco e platea, non ci siamo altro che noi: qualcosa è visto dal vero, qualcosa immaginato. Tutto questo è teatro. Il resto non conta.
Simone Nebbia
Leggi tutti gli articoli su B.Motion 2011
Questo contenuto è parte del progetto Situazione Critica
in collaborazione con Il Tamburo di Kattrin