All’inizio è soltanto un brusio poco lontano, si avverte dietro gli alberi e i tetti di tegole scoscese e diseguali che la natura e l’uomo gli hanno costruito intorno, disperde nel brulichio della sonorità ogni cosa gli suoni attorno, che siano sorrisi o tristezze, che siano voci o silenzio; subisce il fascino di una decadenza anche un fiume come il Brenta, cui s’inchina questa Bassano dal suo Ponte degli Alpini. All’inizio dunque è soltanto un brusio, soltanto dopo ti accorgi che scorre. L’anno passato proprio del ponte scoprivo quel tentativo di edificare a metà di un percorso, per non sentire la vertigine di una continuità destabilizzante, come facciamo da uomini per percepire di esserlo, oggi invece la vertigine passa per il sonoro e ben altro dice, la voce di questo fiume: con le braccia raccolte al parapetto di quel ponte, che si guardi all’origine o alla foce, lì sotto, la stessa acqua che scorre.
B.Motion 2011 apre allora al teatro dopo una settimana dedicata alla danza; l’Italia dopo un festival all’insegna dell’apertura internazionale. Ma corre questo fiume, e anche di questo non si avverte sospensione. Così non è strano che in una stanzetta del Palazzo Bonaguro, centro nevralgico del festival, tre ragazze ci attendessero per il cambio di segno, per lasciarci la loro postazione: la loro settimana del corpo, e ora la nostra che ha scelto la parola. Questa redazione cambia occhi e mani a dare forma allo sguardo, a comporre pensieri propri e altrui, ma lo fa in continuità di appartenenza a dedizione: il testimone che passa il testimone. Dicono che la settimana di danza sia stata bellissima, vanno via con ancora negli occhi quanto hanno visto e, in parte, suggeriscono ciò che vedremo.
Così è nello sguardo condiviso, nella persistenza armonica dell’elemento umano dentro le cose che il mondo, accadendo, non fa male, anche se scorre via. Dev’essere stato un pensiero simile a comporre questa prima giornata di spettacoli, quando quello sguardo si attiva e penetra le estremità dello spazio urbano, da un teatro all’altro, una sponda e l’altra del fiume. Si parla di vita e di morte, negli Squarci dall’ignoto di Nerval Teatro, ispirato a tre opere diverse (L’Antigone di Berlino di Rofl Hochhuth, quella di Sofocle e Lettere dall’ignoto di Loretta Menegon): un dialogo fra ciò che resta e ciò che non è più, inabissando però in questo scarto di diffidenza tutta umana proprio quella fluidità che non dice, taciuta in una barriera funebre. Quando si raggiunge il Garage Nardini per l’altro spettacolo, The End di Babilonia Teatri [recensione], nel passare il fiume arriva chiara la sensazione che il segno sarà tutt’altro, e così in effetti avverrà: Valeria Raimondi ed Enrico Castellani costruiscono con un titolo illusorio uno spettacolo che invece della morte dice le strutture erette da chi ne ha paura, la macchinazione funebre che ne tradisce la naturalità; così non ne parla come conclusione, ma ne dice il fluire dalla vita e per la vita. E allora come non pensare a questo fiume che squarcia Bassano tutt’altro che dall’ignoto: è vita il suo corso, ha origine da se stesso e da una morte, come una farfalla da una crisalide, passa di fianco agli uomini per dire che, anche alla foce, quella che sembra una morte nel mare dileguata non è altro che nuova vita. E pur sotto altra forma, continua a scorrere.
Simone Nebbia
Leggi tutti gli articoli su B.Motion 2011
Questo contenuto è parte del progetto Situazione Critica
in collaborazione con Il Tamburo di Kattrin